Il Papa all’evento “Camminando insieme nella speranza” per celebrare i 60 anni della Nostra Aetate insieme al cardinale Koovakad Il Papa all’evento “Camminando insieme nella speranza” per celebrare i 60 anni della Nostra Aetate insieme al cardinale Koovakad  (@Vatican Media)

Koovakad: con Nostra aetate la Chiesa è passata dal monologo al dialogo

Nell’intervista realizzata per il podcast "Raggi di verità – 60 anni dalla Nostra aetate", il prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso ricorda l’attualità della dichiarazione conciliare di fronte alle polarizzazioni contemporanee perché il dialogo non è una strategia ma una vocazione teologica

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

A sessant’anni dalla promulgazione della dichiarazione conciliare Nostra aetate, non mancano indicazioni, spunti e vie da perseguire ancora oggi per "superare i pregiudizi", la paura dell’altro e per ribadire che il dialogo non è una strategia, né una rinuncia alla propria identità ma, come rimarca il documento, la strada per riconoscersi fratelli grazie all’amore di Dio Padre. A sottolinearlo è il cardinale George Jacob Koovakad, prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso, protagonista del primo episodio del podcast “Raggi di Verità”, realizzato da Vatican News- Radio Vaticana e pubblicato oggi 11 dicembre. Un lavoro che intende riflettere sull’attualità del testo conciliare riguardo i rapporti tra cristiani e ebrei, l’antisemitismo, il rapporto con l’Islam e le sfide attuali per la pace e che prende spunto dalle parole di Papa Leone XIV per il quale "questo luminoso Documento ci insegna a incontrare i seguaci di altre religioni non come estranei, ma come compagni di viaggio sulla via della verità”.

Ascolta l'intervista al cardinale George Jacob Koovakad

Cardinale Koovakad, Lei ha definito la "Nostra Aetate" come un momento di svolta epocale per la Chiesa cattolica. Può raccontarci quali sono stati i cambiamenti più significativi nell'atteggiamento della Chiesa verso le altre religioni a partire da questo documento?

La dichiarazione Nostra aetate è l'espressione concreta di una Chiesa che «si fa colloquio», dialogo, come aveva affermato San Paolo VI nell'enciclica Ecclesiam suam (1964). Riconoscendo apertamente la presenza di valori positivi non solo nella vita dei fedeli di altre religioni, ma anche nelle tradizioni religiose a cui appartengono, si è compiuto il passaggio da un atteggiamento di monologo a un atteggiamento di dialogo e ascolto, senza rinunciare ai fondamenti tradizionali dell'identità cattolica. La presenza di elementi di verità e di santità nelle altre religioni, che sono «raggi di quella verità che illumina tutti gli uomini» (cfr. NA 2), ci impedisce di vivere ai margini degli altri, senza ascoltarli, senza interessarci a loro, senza prenderli sul serio.

A sessant'anni dalla sua promulgazione, come vede oggi l'importanza della "Nostra aetate" nel promuovere un dialogo interreligioso basato su unità, amore e rispetto reciproco, soprattutto in un mondo ancora segnato da conflitti?

Il dialogo interreligioso assume oggi una particolare rilevanza di fronte alla situazione di polarizzazione, divisioni e assenza di un dialogo sincero e sereno. La testimonianza di amicizia e collaborazione tra i leader religiosi - io ho accompagnato Papa Leone recentemente in Turchia e Libano, soprattutto in Libano c'erano testimonianze molto belle di questo tipo, anche nel popolo - è un segno di speranza per un mondo che non vede la fine dei conflitti.La testimonianza di amicizia e collaborazione tra i leader religiosi è un segno di speranza per un mondo che non vede la fine dei conflitti. Tuttavia, il dialogo tra le religioni non deve essere inteso come una “strategia”, ma la motivazione profonda del nostro dialogo deve essere teologica, come afferma il n. 5 della Nostra Aetate: “Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati a immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: «Chi non ama, non conosce Dio» (1 Gv 4,8)”.

Lei ha descritto lo spirito della "Nostra Aetate" come uno "straordinario pellegrinaggio di incontro e collaborazione". Quali sono, secondo Lei, le sfide principali e le opportunità che il dialogo interreligioso deve affrontare nei prossimi anni?

Tra le diverse sfide, potremmo sottolineare le seguenti: donne e giovani sono spesso sottorappresentati nel dialogo ufficiale; la disinformazione digitale e gli algoritmi che diffondono notizie false, il linguaggio d’odio e gli stereotipi religiosi che creano nuove tensioni. A causa della crescente secolarizzazione e dell’indifferenza religiosa, la religione è talvolta vista come irrilevante o addirittura problematica.  Pertanto, all'interno della Chiesa cattolica, emerge la necessità di una maggiore sensibilizzazione e formazione sui principi del dialogo interreligioso, che aiutino a superare gli atteggiamenti di rifiuto e paura dell'“altro” presenti nelle nostre comunità. È contraddittorio costruire l'identità religiosa in qualsiasi tradizione sulla base dell'esclusione e della negazione dell'altro. Inoltre, occorre imparare a collaborare al servizio del bene comune e a contribuire insieme a formare il patrimonio spirituale e morale della società per affrontare le sfide attuali. Su questi temi Papa Francesco era molto chiaro e io l'ho accompagnato in vari viaggi apostolici, anche organizzandoli, e molte volte sottolineava questo. Dobbiamo pure evitare la strumentalizzazione violenta della religione e delegittimare con fermezza quei gruppi che cercano lo scontro, abusando del nome di Dio. È necessario un fermo impegno da parte delle maggioranze religiose nella difesa delle minoranze religiose, negli Stati in cui non sono rispettati i loro diritti fondamentali.

In che modo il Dicastero per il Dialogo Interreligioso sta traducendo concretamente i valori della "Nostra Aetate", come la misericordia, la giustizia e la riconciliazione, nelle azioni a favore della pace e dell'armonia tra i popoli?

Il dialogo si sviluppa nella carità e nella verità, nel sincero apprezzamento reciproco senza negare la propria identità. Oggi il Dicastero per il Dialogo Interreligioso facilita l'incontro, le riunioni e il dialogo tra rappresentanti di diverse religioni e promuove forum interreligiosi con membri di diversi Paesi in cui si facilita la conoscenza reciproca e l'amicizia, così come il superamento dei pregiudizi e la possibilità di collaborare per favorire un clima di armonia tra i popoli, superare il linguaggio dell'odio, ribadire l’importanza della difesa della libertà religiosa, la cura della casa comune, ecc. Inoltre, nel corso di questi 60 anni sono stati pubblicati diversi documenti che hanno orientato il cammino del dialogo e che approfondiscono quanto espresso nella Nostra aetate: Dialogo e missione (1984), Dialogo e annuncio (1991), Dialogo nella verità e nella carità (2014), l’enciclica Fratelli tutti sulla fraternità e l’amicizia sociale (2020). Tutti questi documenti, che contribuiscono ad arricchire il magistero pontificio di questi anni, costituiscono un grande contributo al dialogo interreligioso per la pace e la fratellanza tra i popoli. Contribuiscono alla missione del Dicastero che è quella di “promuovere tra tutti gli uomini una vera ricerca di Dio” (cf. Praedicate Evangelium, 149).

Quale messaggio vorrebbe lasciare ai leader religiosi e ai fedeli di tutto il mondo affinché continuino a impegnarsi nel cammino di pace e dialogo indicato dalla "Nostra Aetate"?

Vorrei riaffermare e rinnovare quell'impegno evidenziato dal Documento sulla fratellanza Umana e dalla Fratelli tutti di “adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio” (FT 285).

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11 dicembre 2025, 14:46