Il nunzio Horgan in visita alle scuole comboniane a Port Sudan Il nunzio Horgan in visita alle scuole comboniane a Port Sudan

Il nunzio Horgan: ho portato la vicinanza del Papa al popolo sofferente del Sudan

Il rappresentante pontificio in Sud Sudan è rientrato a Giuba dopo un viaggio di dieci giorni che lo ha portato a Khartoum e in altre città sudanesi. L’incontro con le autorità e le comunità cattoliche del Paese. “L’auspicio è nella collaborazione tra cristiani e musulmani”

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Un viaggio lungo 10 giorni per trovare le comunità cattoliche del Sudan. Lo ha intrapreso nei giorni scorsi il nunzio apostolico in Sud Sudan, l’arcivescovo Séamus Patrick Horgan, che ha visitato Port Sudan, Atbara, Khartoum ed Omdurman, incontrando una Chiesa molto provata e un Paese stremato dal conflitto scoppiato nel 2023 tra l’esercito regolare e le milizie Rsf. Una guerra che ha provocato una drammatica, forse la peggiore al mondo, crisi di sfollati e rifugiati, una catastrofe umanitaria che con sé porta fame, violenza e distruzione, con la morte di decine di migliaia di civili, soprattutto nella regione del Darfur.

A queste comunità, il nunzio in Sud Sudan, che segue anche la situazione in Sudan, ha portato la vicinanza di Papa Leone XIV.

Il nunzio dopo la messa ad Atbara, dove l’arcivescovo risiede temporaneamente
Il nunzio dopo la messa ad Atbara, dove l’arcivescovo risiede temporaneamente

Lei ha compiuto questo viaggio in Sudan per portare, soprattutto, la vicinanza del Papa a una Chiesa e a una comunità cattolica che sono davvero molto sofferenti. Come è andata questa visita?

Sono stato nominato nunzio in Sud Sudan più di un anno fa, con il compito anche di seguire il Sudan che ha due diocesi, quelle di Khartoum e di El Obeid, e dove l’attuale situazione sta destando molta preoccupazione. Avevo un grande desiderio di visitare questo Paese per portare la vicinanza del Papa al popolo e alla Chiesa molto provati negli ultimi anni e per portare anche, in un certo senso, la Chiesa universale - perché il nunzio rappresenta quella Chiesa più grande - per dire al popolo: “Non siete stati dimenticati dalla Chiesa e preghiamo per voi”. L’obiettivo era incontrare le comunità cattoliche per portare questo messaggio del Santo Padre e, grazie a Dio, siamo riusciti a farlo in tutti i posti visitati. Quindi, a cominciare da Atbara, che è una città a 7 ore di macchina da Port Sudan, dove c'è l'aeroporto, e poi Omdurman e Khartoum, che, si può dire, sono due città gemelle, sono due parti della stessa metropolia. In ogni posto abbiamo trovato delle comunità cattoliche, abbiamo pregato, celebrato le messe con loro. E penso che anche per le comunità sia stato di consolazione vedere che il Papa pensa a loro, prega per loro e manda il suo nunzio anche per portare questo messaggio e questa vicinanza.

Quella del Sudan è una crisi umanitaria dimenticata. La Chiesa cattolica ha chiesto più volte che si ascolti la sofferenza del popolo …

Per tutta la visita sono stato accompagnato da monsignor Michael Didi Adgum Mangoria, arcivescovo di Khartoum. Sono sempre in contatto con i vescovi, ma vedere in prima persona la situazione è un'esperienza diversa. Soprattutto vedere Khartoum, dove la guerra è iniziata e che è stata per tanto tempo il centro del conflitto. Vederne il livello di distruzione è stata una cosa davvero scioccante. Si tratta di una città che aveva 8 milioni di abitanti, era una città moderna, una città con tutte le infrastrutture di una grande città e ormai è ridotta ad uno scheletro. Tanti palazzi, tanti grattacieli distrutti. Vederlo in prima persona è davvero molto scioccante. E poi ovviamente hanno sofferto le chiese, a Khartoum e Omdurman. Ne abbiamo visitato alcune, come la cattedrale, che è una chiesa elegante, in centro città, costruita dai missionari comboniani. Fortunatamente è tuttora in piedi, ma all'interno è molto, molto danneggiata, così come altre chiese a Khartoum. Quindi, da quel punto di vista è davvero uno shock vedere una città tanto grande ridotta così e una popolazione spostata da questa guerra. D’altra parte, però, le comunità cominciano in parte a rientrare, perché la città ora è più stabile.  Da quando è stata ripresa dalle forze regolari nel mese di marzo. la popolazione, piano piano, sta tornando. E questo è il primo punto per la Chiesa: che la gente stia rientrando. Le comunità sono lì, quindi noi dobbiamo essere anche lì con loro, con i sacerdoti, con i religiosi, per quanto possibile, per accompagnare e per poter far avviare di nuovo le parrocchie, l'apostolato della Chiesa.

La visita del nunzio a Omdurman
La visita del nunzio a Omdurman

Per quello che lei ha visto, e che anche le hanno raccontato, quali sono le emergenze principali, sia per tutti i civili sudanesi, sia invece per la comunità cattolica?

La ricostruzione, in un certo senso, ma anche quella è la seconda tappa. La prima tappa è che purtroppo questa crudele guerra non è conclusa e non si sa di giorno in giorno come cambierà la linea di contatto.  Per ora le forze del gruppo Rsf (Rapid Support Forces, forze paramilitari ndr) sono più nell'est del Paese, avevano preso Khartoum all'inizio, ma poi le forze regolari hanno ripreso la città. Ma la guerra è sempre in corso e non si sa che direzione possa prendere. Quindi, la prima cosa è che preghiamo che, con l’aiuto della comunità internazionale, possa essere trovata una soluzione politica per fermare le armi. È di pochi giorni fa la notizia di quanto accaduto a  el-Fasher in Darfur, da mesi sotto assedio e dove c’è stato un nuovo assalto da parte delle forze Rsf. Quindi, la guerra è ancora in corso, un po’ più di stabilità c’è nelle zone sotto il controllo delle Saf (Sudanese Armed Forces ndr), l’esercito regolare, e lì la Chiesa si sforza, si impegna, per riprendere le sue attività, ma si tratta di una sfida enorme, perché con la distruzione delle infrastrutture c'è da ricostruire partendo, in tanti casi, da zero, sebbene alcune delle strutture siano state salvate e devono essere ripristinate. Quindi le sfide sono enormi.

Eccellenza, lei in questi giorni di visita in Sudan ha incontrato anche le autorità civili. Come sono andati questi colloqui? Che percezione ha avuto?

Sono venuto da Giuba a Port Sudan, attualmente la capitale provvisoria del governo, che si è spostata da Khartoum, governo che, anch’esso, è di transizione, c'era un periodo di transizione già in atto quando è scoppiata la guerra. Ho incontrato alcuni dei ministri, il ministro per gli affari esteri, quello per gli affari religiosi, abbiamo avuto dei colloqui molto aperti, molto utili. Volevo comunicare loro la grande preoccupazione del Santo Padre e della Santa Sede per la situazione e assicurare l'impegno della Santa Sede per la pace. In tutti i modi possibili. Ho parlato ovviamente della comunità cristiana locale, e anche del futuro assetto costituzionale, perché è in atto un processo per formulare una nuova Costituzione, sottolineando quei valori che la Santa Sede sempre promuove, come libertà di culto, la libertà di religione e così via. Ho trovato gli interlocutori molto aperti e molto coscienti anche del ruolo della Chiesa in Sudan. È stato anche espresso l'auspicio che il futuro del Sudan sarà costruito tramite la collaborazione fra i musulmani e i cristiani.

Lei prima indicava come diverse persone fuggite per la guerra stiano ora rientrando. Parliamo di sfollati interni, ma anche di rifugiati. Sappiamo che ad accogliere tanti sudanesi in fuga dal conflitto è stato il Sud Sudan, Paese estremamente povero che ha affrontato e affronta tante difficoltà nell'accoglienza. Com'è la situazione oggi?

La situazione in Sud Sudan, purtroppo è molto, molto fragile. E ovviamente la guerra in Sudan ha il suo effetto. È stato detto che le persone fuggite in Sud Sudan in questo periodo di guerra siano state addirittura un milione. Un aspetto positivo è che stanno tornando, ho letto recentemente un articolo che parlava di 125.000 persone rientrate nel mese di luglio nella zona di Omdurman e Khartoum. La situazione rimane però molto fragile ancora, non tutti possono tornare e non tutti hanno la voglia di tornare. La panoramica generale in Sud Sudan non è del tutto incoraggiante. Ci sono stati sviluppi legati al processo a Riek Machar, leader dell'opposizione e capo di una delle fazioni principali, la Spla. Il Governo ha annunciato un numero di capi di imputazione contro di lui e dovrebbe iniziare il processo. Ma potrebbe essere una questione molto problematica, lui è il primo vicepresidente del governo di transizione quindi che tipo di futuro avrà questo governo è la questione che viene posta. Il governo è basato sull'accordo di pace del 2018 che finora è stato il pilastro, diciamo pure così, del Paese, c'è la paura che questo accordo possa crollare e a quel punto non si sa cosa potrebbe accadere.

La Nunziatura a Khartoum con i fori di proiettili sulla facciata
La Nunziatura a Khartoum con i fori di proiettili sulla facciata

Tornando ai giorni da lei trascorsi in Sudan, come si diceva, ha avuto modo di incontrare i rappresentanti della Chiesa e le comunità cattoliche. Che momenti sono stati quelli trascorsi con loro?

L’incontro con loro era lo scopo principale del viaggio, sono stati momenti estremamente commoventi. I fedeli hanno partecipato in grande numero e poi, nonostante tutta la realtà sia molto difficile, sono state celebrazioni gioiose.  Spesso in Sudan, come anche in Sud Sudan, le celebrazioni sono gioiose, con canti e con danze, e con un gran numero di fedeli. Quindi ero molto, molto, commosso e molto contento di aver potuto incontrare i fedeli di Omdurman, di Khartoum, di Atbara, di Port Sudan, dove i missionari comboniani hanno la gestione della parrocchia. Questo è stato per me l’aspetto più importante, il fatto che siamo riusciti bene a incontrare i fedeli e a comunicare la vicinanza e l’incoraggiamento da parte del Papa.

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22 settembre 2025, 11:01