Giovanni Paolo II e i detenuti: "Ho l'audacia di dirvi che potete sperare"
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Che il carcere non dovesse essere un luogo di diseducazione, di ozio e quindi in definitiva di vizio, bensì di riabilitazione e resurrezione, Giovanni Paolo II ce l’aveva molto chiaro e l’ha comunicato al mondo con ben 33 interventi su questo tema, oltre a esprimere la propria vicinanza ai detenuti con gesti concreti, come quello di andare a trovarli di persona fin nelle loro celle. Uno dei suoi discorsi di più vasta eco sull'argomento - il messaggio per il Giubileo nelle carceri durante il Grande Giubileo del Duemila - conteneva un incoraggiamento ai governanti a “intraprendere revisioni del sistema carcerario per adeguarlo maggiormente alle esigenze della persona umana” e a un maggior ricorso alle pene non detentive, ma soprattutto un appello a un “segno di clemenza” da tradurre in una riduzione, seppur modesta, della pena.
“Cristo cerca l’incontro con ogni essere umano”
E proprio in occasione del Giubileo nelle carceri, il 9 luglio 2000, Giovanni Paolo II celebra la Messa nella Casa circondariale romana di Regina Coeli, di cui sottolinea il nome auspicando che la speranza di Maria Regina Caeli arrivi a tutti i ristretti e dove invita i detenuti a non avere paura dell’incontro con Gesù: “Il carcere da cui il Signore viene a liberarci è in primo luogo quello in cui si trova incatenato lo spirito - dice - e prigione dello spirito è il peccato”.
Speranza in carcere non è una parola fuori posto
Non perdersi mai d’animo, credere nella possibilità di un futuro diverso, mantenere aperto l’orizzonte al "dopo": Giovanni Paolo II si è recato molte volte in carcere a portare la speranza, come testimonia il suo discorso ai detenuti dell’istituto di pena di Viterbo cui fece visita il 27 maggio 1984: “Io sento - aveva affermato - l’audacia di dirvi che dovete, che potete sperare, parlo della speranza cristiana, quella che nasce dalla certezza che Dio ama noi creature, che è Padre di misericordia, che ha inviato suo Figlio Gesù perché tutti noi fossimo salvati”.
Il Vangelo delle carceri
Il Vangelo di Gesù è il Vangelo delle carceri e dei detenuti: ne è convinto Papa Wojtyla quando, durante il suo viaggio pastorale in Polonia, il 7 giugno 1991 visita il carcere di Pľock: “Cristo - ricordò - era un carcerato ed è stato condannato a morte, gli apostoli sono stati dei carcerati e anche molti tra coloro che la Chiesa venera come Santi”. Un amore sincero, quello per i detenuti, esploso in quel semplice “Sono venuto qui perché vi voglio bene” nella visita ai giovani dell’istituto di pena minorile di Casal del Marmo a Roma, in occasione dell’Epifania del 1980: “Voglio dire a ciascuno di voi che avete capacità di bene, di onestà, di laboriosità, capacità reali, profonde e spesso insospettate – ha detto – ho fiducia in voi, sono venuto qui per manifestarvi questo mio affetto e questa mia fiducia”. Parole, queste, che sono rimaste nella storia, della Chiesa e non solo.
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