Parolin: Giovanni Paolo II pellegrino instancabile, benedica un'umanità lacerata
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Innamorato di Gesù Cristo, san Giovanni Paolo II “considerava il mistero dell’Incarnazione come il centro della storia universale”, tanto da esclamare, nella prima omelia del pontificato: “Spalancate le porte a Cristo!... Solo Cristo sa che cosa è nell’uomo”. E questa solida convinzione gli permetteva di rivolgersi non solo ai fedeli cattolici, ma anche ai popoli e ai governanti, “perché fossero consapevoli delle loro responsabilità per la difesa della giustizia, della dignità delle persone umane, della pace”. Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, nell’omelia della Messa nel ventesimo anniversario della morte di Papa Wojtyla, ricorda così uno dei tratti principali del suo magistero, l’essere profeta di pace.
I tanti appelli profetici alla pace, molti inascoltati
Nella celebrazione di questo pomeriggio, 2 aprile, nella Basilica di San Pietro, dedicata al santo Papa polacco, in una Basilica di San Pietro piena di concelebranti, fedeli e autorità, tra le quali la premier italiana Giorgia Meloni, Parolin ricorda “il suo instancabile servizio della pace, i suoi moniti appassionati, le iniziative diplomatiche per cercare fino all’ultimo di scongiurare le guerre”.
E ciò fino ai tempi estremi della sua vita, quando la fragilità delle forze fisiche già era evidente, e benché molti dei suoi appelli e moniti restavano purtroppo inascoltati, come avviene anche ai grandi profeti.
Il suo abbraccio d’amore al mondo intero
Per questa sua testimonianza solida e viva, prosegue il cardinale, possiamo oggi rivolgerci a lui come intercessore’ per ricevere “la grazia divina di cui oggi abbiamo bisogno”.
Grazia per il cammino della Chiesa, grazia per la salvezza di tutte le persone umane. Grazia per ricostruire continuamente la pace nelle nazioni e fra di esse, perché abbia di nuovo senso parlare di “famiglia dei popoli” – come faceva appunto quel santo Pontefice abbracciando nell’amore il mondo intero
Dalla Via Crucis all’ultima benedizione silenziosa
Il segretario di Stato apre la sua omelia con il ricordo di quei giorni di vent'anni fa. Dalla Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, “con la preghiera della folla accompagnata dall’immagine del Papa abbracciato alla croce nella sua cappella”, alla sua apparizione alla finestra sulla Piazza “per una benedizione pasquale ormai senza parole”. Infine l’attesa, insieme a tutta la Chiesa e a gran parte dell’umanità, “dell’incontro del nostro caro Papa con il Signore, che si è compiuto quando si era fatta sera, nella vigilia della Domenica della Misericordia”. E poi un afflusso “crescente, incontenibile, inimmaginabile, denso di affetto e di gratitudine”, delle folle venute a Roma “per l’ultimo congedo terreno dal loro grande Pastore”, che rappresentavano “moltitudini ancora molto più estese, che si erano unite a lui in preghiera, nella sua prolungata malattia, solidale con la sofferenza del mondo, mentre si affidava con fiducia fra le braccia del Padre misericordioso”.
Una vita sotto lo sguardo di Dio
Ricordando l’ultima composizione poetica di Giovanni Paolo II, il Trittico romano del 2003, Parolin sottolinea come egli contemplasse e leggesse “l’intera realtà, dalla Creazione fino al Giudizio, alla luce dello sguardo di Dio, come una visione di Dio”. E non c’è dubbio, prosegue, “che tutta la sua vita e la sua missione si siano svolte in totale continua trasparenza dinanzi agli occhi di Dio”. Per questo sentiva di non avere nulla da nascondere e non aveva paura dello sguardo degli uomini.
Qui sta certamente uno dei fondamenti dello straordinario coraggio e della costanza della testimonianza di fede di Giovanni Paolo II davanti agli uomini, in ogni situazione, in tutta la sua vita e in tutta l’eccezionale durata del suo pontificato. Non ha mai cercato di piacere agli uomini, ma a Dio. Ha vissuto davanti ai Suoi occhi
Salvato dalla morte dalla Divina Provvidenza
Papa Wojtyla, ricorda ancora il segretario di Stato, “si riconosceva chiamato da Dio all’esistenza e al servizio del pontificato, ma anche da Lui assistito e protetto in modo straordinario”, come in occasione dell’attentato in Piazza San Pietro quando, annotava nel suo testamento: “La Divina Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte… Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l’ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui”.
Pellegrino instancabile, fino ai confini della Terra
Preparato dalle parole del cardinale Wyszyński, il giorno dell’elezione, al compito “di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio”, Giovanni Paolo II, per il cardinale Parolin, nei ventisei anni del suo “immenso pontificato” si è spinto fino agli angoli più lontani del pianeta, pellegrino instancabile “fino ai confini della Terra”, per portarvi l’annuncio del Vangelo di Gesù.
Prendere il largo con fiducia, come “Chiesa in uscita”
Il segretario di Stato definisce poi l’appuntamento del Grande Giubileo del 2000 come “il tempo culminante della sua esistenza, quasi il raggiungimento del compimento della sua missione”, quella di portare tutte le dimensioni della realtà, della Chiesa e dell’attività umana, “a ritrovare il loro senso in rapporto alla persona del Cristo, ‘unico Redentore dell’uomo’”. E nell’invito di Papa Wojtyla, al termine di quell'Anno Santo, perché “la barca della Chiesa riprendesse il largo con fiducia nel mare del Terzo Millennio”, ritrova parole che “riecheggiano in quelle del suo successore Francesco” anche in questo nuovo Giubileo.
Esso ci vede “Chiesa in uscita”, navigatori in acque agitate, ma pur sempre pellegrini di speranza alle sorgenti della misericordia e della grazia, guidati dal successore di Pietro, assistiti dallo Spirito Santo
Infine Parolin sottolinea che per Giovanni Paolo II, padre conciliare “dal primo all’ultimo giorno”, come sottolineava, il Concilio Vaticano II è stato “bussola di orientamento nel servizio pastorale universale, per la Chiesa e per l’umanità intera”.
Benedici noi, perché riconosciamo la ricchezza dell’amore di Dio
Nel concludere, il porporato ricorda le parole del cardinal Ratzinger, allora decano del Collegio cardinalizio e pochi giorni dopo suo successore, alle esequie di Papa Giovanni Paolo, quando “interpretava la certezza del popolo sulla santità del Papa defunto rivolgendosi direttamente a lui” che, “affacciato alla finestra della casa del Padre”, ci vedeva e ci benediceva: “Sì, ci benedica, Santo Padre!”.
Anche noi oggi, come gli innumerevoli pellegrini che venendo continuamente in questa Basilica domandano anche la sua intercessione presso l’altare dove riposa il suo corpo, ripetiamo ancora: “Ci benedica, Santo Padre Giovanni Paolo II! Benedica questa Chiesa del Signore in cammino, perché sia pellegrina di speranza. Benedica questa umanità lacerata e disorientata, perché ritrovi la via della sua dignità e della sua altissima vocazione, perché conosca la ricchezza della misericordia, dell’amore di Dio!”
Dziwisz: ci guarda dall’alto e sostiene tutta la Chiesa
All'inizio della celebrazione, il saluto del cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e già segretario personale di Papa Wojtyla, che ha espresso il sentimento di tutti i fedeli, non solo dei tanti presenti in Basilica. “Crediamo fermamente che egli stesso ora ci guardi dall’alto – ha sottolineato il porporato - sostenendo tutta la Chiesa nel suo pellegrinaggio verso l’eternità”. Ed ha ricordato come nel suo testamento, Giovanni Paolo II esprimeva “la fiducia che Cristo avrebbe reso la sua morte ‘utile per la causa più importante alla quale cerco di servire: la salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa di tutte le nazioni e dei popoli […], per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso’”. Oggi, ha concluso Dziwisz, siamo consapevoli “di quanto frutto porti la sua santità”. Nel suo saluto, il cardinale polacco ha invitato anche a pregare per la salute di Papa Francesco, unito "spiritualmente a noi", perchè "il Signore Gli dia la forza necessaria per guidare la Chiesa pellegrina in questo anno giubilare all’insegna della speranza, in questi tempi difficili per la Chiesa e per il mondo".
La preghiera finale davanti alla tomba di san Giovanni Paolo II
Al termine della Messa, raggiunta in processione la tomba di san Giovanni Paolo II, all'altare di san Sebastiano, i celebranti e le autorità hanno pregato per l'intercessione del santo Pontefice polacco. Il cardinale Dziwisz ha posto una candela accesa sopra al sepolcro, e il cardinale Baldo Reina, vicario del Papa per la Diocesi di Roma, ha letto un'invocazione. "Dalla finestra del cielo donaci la tua benedizione - ha scandito il porporato - benedici la Chiesa che hai tanto amato e coraggiosamente servito sulle vie del mondo. Sentiamo ancora il tuo potente grido: 'Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo'. Aiutaci ad aprire a Gesù la porta del nostro cuore".
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui