Pasolini: il battesimo è uscire da sé, convertirsi e restare nella realtà
Benedetta Capelli - Città del Vaticano
"Rivolgiamo un caro saluto al Santo Padre, che non può essere ancora qui con noi — speriamo possa esserlo presto — e continuiamo ad assicurargli le nostre preghiere". Padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, in Aula Paolo vi si fa interprete del sentire comune di chi stamane, venerdì 21 marzo, partecipa alla prima delle quattro prediche di Quaresima, aperte a tutti. Il suo pensiero di vicinanza precede la riflessione incentrata su "Imparare a ricevere – La logica del Battesimo". È infatti nel primo sacramento dell’iniziazione cristiana che gli uomini sono ancorati a Cristo: per rimanere uniti a Lui è necessario, evidenzia il frate cappuccino, accogliere il dinamismo della conversione al Vangelo e lasciare che lo Spirito agisca in noi, ridefinendo i confini della nostra umanità. L’invito del predicatore è dunque quello di porsi, in queste meditazioni di Quaresima, come i discepoli di Gesù: desiderosi di imparare il suo modo di vivere per incamminarci verso una vita nuova ed eterna.
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Il tempo nascosto
Prima del battesimo, nota padre Pasolini, ci sono lunghi anni di vita nascosta di Gesù a Nazareth, un tempo nel quale si è lasciato plasmare dalla realtà che lo circondava. Una modalità che porta a riscoprire il valore del tempo nascosto nel quale le radici si rafforzano e l’identità si forma nel silenzio. Prima di salvare il mondo, evidenzia il predicatore, Gesù sta con noi condividendo le nostre esperienze. Un porsi senza imporsi che è ben rappresentato nella scena del Battesimo. "E fu battezzato" è con un verbo al passivo che si spiega il gesto su Gesù da parte di Giovanni, meravigliato da questo atteggiamento in apparenza remissivo. Eppure Dio è convinto, evidenzia il predicatore, che la cosa più bella e urgente da fare sia quella di immergersi nelle nostre acque e ricordare che la nostra realtà può diventare un luogo di salvezza. In questa apparente passività di Cristo si coglie l’azione di Dio e la sua capacità di amare, che vuol dire volere il bene dell’altro, agire per aiutarlo a non sentirsi inadeguato. L’attitudine di Dio dunque è di "lasciarsi fare da noi", volendo il nostro bene, dando precedenza alla nostra debolezza piuttosto che alla sua forza. E un tratto della predicazione di Gesù sarà quello di dare spazio ai più deboli, i sofferenti e i peccatori, ponendo la compassione come cardine di una nuova umanità.
Il passo verso il cielo
La precedenza all’altro e la condivisione rappresentano un passo verso il cielo, un segnale di avvicinamento. La voce che Gesù sente — "Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento" — è un’esperienza intima riservata a chi si lascia plasmare dall’amore del Padre. La discesa dello Spirito, come fosse una colomba, è il segno della capacità di generare una vita più grande di Lui, quella del Padre e del suo amore per l’umanità. È una maturità affettiva, sottolinea padre Pasolini, che non si raggiunge mettendosi su un piedistallo ma accettando di mescolarsi con gli altri, vivendo da "fratelli tutti", da figli amati dal Padre. Dopo il battesimo, Gesù rimane quaranta giorni nel deserto tentato da Satana: è il momento della prova per rendere la scelta del battesimo una scelta radicata e non lo slancio di un momento. È l’esperienza faticosa del tirocinio, dove la nostra sensibilità, spiega il predicatore, si purifica dalle scorciatoie a buon mercato, dalle illusioni del facile risultato.
Alla ricerca dell'autenticità
Il mondo di oggi è ricco di tutorial che spiegano come fare le cose, ma povero di persone disposte a verificare l’autenticità dei propri desideri. Spesso è facile prendere decisioni ma altrettanto difficile è affrontarne le conseguenze, serve allenamento prima di gareggiare e serve anche nella prova; non si può gustare un frutto se non dopo averlo visto maturare. Nella preghiera del “Padre Nostro”, si invoca il coraggio di chiedere a Dio non di essere risparmiati dalla prova, ma di non perdere noi stessi. Siamo perduti, evidenzia il cappuccino, non quando soffriamo ma quando rinunciamo ad accettare le conseguenze delle scelte fatte. Gesù resiste nel deserto, "stava con le bestie selvatiche", bestie che possono essere intese come animali o come le tensioni, i nemici o il male. "Stava", verbo all’imperfetto che vuol dire l’assunzione di uno stile non la permanente esenzione da una difficoltà. La prova dona a Gesù quella necessaria forza interiore per poter abbracciare la propria missione senza la paura di morire, ad avere un cuore allenato al bene, a custodire e a coltivare un "deserto interiore" che lo ha reso capace di stare in pace in ogni situazione.
"E venne ad abitare in mezzo a noi"
Resistere alle tentazioni del deserto porta Gesù ad abbracciare una vita in cui la salvezza può essere annunciata e sperimentata come il frutto di una comunione di amore liberamente scelta, di un amore umile e aperto. I discepoli, alla sequela del Maestro, andranno per il mondo con l’umiltà di chi ha molto da ascoltare e da ricevere. Il fine dell’annuncio è infatti quello di dare l’occasione agli altri di rendere manifesto il tesoro della nostra umanità: la compassione, la generosità e l’accoglienza. Quando Giovanni viene arrestato, Gesù raccoglie il suo ministero, allenato nel deserto a confidare nella provvidenza del Padre. Il Regno di Dio è dunque alla portata di mano, ma è necessario convertirsi, allontanandosi dalla tristezza e dalla rassegnazione per accorgersi della meraviglia più grande che Dio ha fatto: venire ad abitare in mezzo a noi.
Saldi e ancorati a Cristo
L’invito conclusivo del predicatore della Casa Pontificia è allora di rimanere ancorati in Cristo, durante la Quaresima dell’Anno Santo, alla speranza. Il passaggio della porta santa è il segno concreto di questa speranza. Anche il battesimo è un segno che illumina il cammino di ogni credente attraverso tre movimentiesistenziali. Il primo, sottolinea padre Pasolini, è la capacità di uscire da se stessi per lasciare spazio agli altri anche quando le scelte altrui ci sfidano e ci mettono alla prova. Il secondo movimento è la conversione, una trasformazione profonda del nostro modo di vedere, giudicare e amare. Infine il più difficile: rimanere dentro la realtà senza fuggirla o sublimarla. Il battesimo immerge Cristo nel fiume della vita, senza risparmiargli le prove più dure. Padre Pasolini suggerisce così di rimanere saldi nel nostro tempo senza cercare rifugi artificiali per riconoscere come accanto a noi cammini quel Dio che ci ama e non ci abbandona mai.
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