Daniel, dalla strada agli sprazzi di Paradiso
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Occhi azzurri, lunga barba, 68 anni, di nazionalità polacca, gentile e testardo insieme, uno sguardo che catturava: un mix quindi che lasciava il segno soprattutto nell’animo di chi se ne prendeva cura. Daniel era un senzatetto, da quindici anni viveva per le strade intorno a San Pietro, sabato scorso nella chiesa romana di San Gregorio VII il cardinale Konrad Krajewski ha celebrato il suo funerale. Tra i banchi le persone che lo hanno amato, che lo hanno curato nei suoi ultimi giorni di vita e che oggi fanno i conti con il bene che hanno ricevuto da Daniel. L’elemosiniere ha ricordato nell’omelia che era un gentiluomo, che aveva riguardo per i volontari e comprava loro piccoli doni. “Oggi lo chiamiamo fratello – ha detto il cardinale Krajewski - perché membro della nostra famiglia”.
A Maria Pia Zen, ostetrica e volontaria della parrocchia di San Gregorio VII, è toccato il compito di ricordare Daniel al termine della celebrazione. Lo ha fatto con delicatezza mettendo in luce l’eredità che lui le ha lasciato, catapultandola nel cuore del Vangelo. Per questo ha espresso il desiderio che nulla sia sciupato di questo loro incontro ma conservato per sempre. “Ti ringrazio Daniel – ha detto Maria Pia - perché mi hai dato modo di comprendere che quando si ama, si può e si riesce sorprendentemente sempre a fare un passo in più, che non viene da noi stessi, che è bello, per cosi dire, lasciarsi fare ed esagerare in quanto ad amare… Amare, nel modo in cui ci insegna e ci fa fare Gesù, non ti delude mai e ti ripaga il centuplo”.
Il dono di Daniel
Maria Pia ai media vaticani racconta di aver incontrato Daniel 4 anni fa. La loro relazione nasce in maniera spontanea: "Un sorriso, un saluto”. Lo ricorda come una persona di poche parole ma nel tempo entrambi si sono dati l’occasione di coltivare la fraternità, prima nel consueto giro del mercoledì che fanno i volontari della parrocchia di Gregorio VII, poi nel momento di più grande necessità quando Daniel è stato ricoverato. “Piano piano – racconta la volontaria - mi è stato dato questo dono inaspettato di accompagnarlo nell'ultimo periodo. La condivisione diretta di tutti i giorni è stato un arricchimento veramente tanto bello, tanto intimo, tanto alto. C’è un dono più grande che Maria Pia ha sentito di ricevere: 'Vivere il momento presente, non affannarsi troppo per il futuro. Fidarsi'”. Di Daniel ricorda la grande tenacia, la determinazione, ad esempio, di uscire in carrozzina per stare all’aria aperta. Una cosa impossibile per una persona malata come lui ma facile per la sua testardaggine.
Il desiderio di eternità
Vivere la vita per quella che è significa anche assaporare “sprazzi di paradiso”. “Il Signore ogni giorno mi ha dato forza e capacità che non credevo di avere, ho fatto tutto naturalmente ma lo facevo grazie ad una spinta immensa che sentivo provenire dall'amore. Questi sprazzi di Paradiso – aggiunge Maria Pia - li abbiamo vissuti anche insieme ad altri volontari, è come se approfittavamo di questa situazione dove c'era chiaramente sofferenza, malattia, problemi di ogni genere. Ho sentito tanto la presenza del Signore. Io veramente negli occhi di Daniel ho visto gli occhi di Gesù. Ci sono stati momenti altissimi di preghiera in cui ho sentito una gioia che non so descrivere. E anche ci sono momenti semplicemente di silenzio, in cui ci siamo guardati negli occhi e abbiamo stretto la coroncina. C’è qualcosa che va molto oltre le nostre capacità umane, che ti dà il Signore e che ti ripaga di qualcosa che è eterno. Io ho visto l'eternità o e ho avuto il desiderio dell'eternità”. Questa la grande eredità di Daniel.
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