La diplomazia della cultura, la Bav alla Biennale di Arte Islamica
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Tornare all’origine dell’umano per recuperare le radici della storia e guarire il presente dalle ferite dell'odio e della divisione. È sintetizzato così dall’Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa monsignor Angelo Zani il senso della partecipazione della Biblioteca Apostolica Vaticana, BAV, alla sezione AlMadar dell’Islamic Arts Biennale, dal 25 gennaio al 25 maggio 2025, a Jeddah in Arabia Saudita. Il tema scelto per l’esposizione è “And all that is in between”, tratto da una frase ricorrente circa 35 volte nel Corano e che descrive la creazione da parte di Dio del cielo, della terra e di “tutto ciò che vi è frammezzo”, a sottolineare l'assoluto e la maestosità onnicomprensiva del creato.
Arti, fedi e culture in dialogo
La Biennale, articolata in sette sezioni (AlBidaya, AlMadar, AlMuqtani, AlMathala, Makkah al-Mukarramah, Al-Madinah al-Munawwarah e AlMusalla), costituisce un’occasione unica per ammirare oggetti provenienti dai luoghi sacri all’Islam come La Mecca o Medina, insieme ad altri prestati da oltre trenta istituzioni internazionali di circa venti Paesi. L'esposizione è allestita nell’emblematica sede del Western Hajj Terminal del King Abdulaziz International Airport, all’interno del quale ogni anno transitano milioni di musulmani in pellegrinaggio. Nella sezione AlMadar la BAV presenta alcune significative opere in linea con le finalità dell’evento organizzato dalla Diryia Biennale Foundation, ovvero “promuovere la diversità delle espressioni artistiche che caratterizzano le arti islamiche a livello globale e facilitare la comprensione e la collaborazione tra le diverse culture”.
I numeri e il calcolo
All’interno dei 110 mila metri quadri complessivi dello spazio espositivo della Biennale, la sezione AlMadar, che letteralmente significa “l’orbita”, si propone di offrire una rappresentazione dei numeri nel presente collettivo in tutti i suoi aspetti: dalle origini del concetto di calcolo in natura alle applicazioni nella cultura islamica, dalla matematica all’architettura, dalla musica al design, dalla mappatura celeste e terrestre alla navigazione degli oceani e al commercio, fino ad elementi geometrici presenti anche nelle decorazioni del Corano.
La Biblioteca dell’umano
“Nel 1451 Papa Niccolò V fondò la Biblioteca Apostolica Vaticana per mettere a disposizione testi, volumi per tutti i ricercatori, per tutti gli studiosi. Quindi sin dall’inizio la nostra istituzione non è stata concepita come una biblioteca diciamo strettamente teologica cristiana, ma come la biblioteca dell’umano”, prosegue Zani: “Nasce nell’umanesimo e l’umanesimo continua ad esserne la caratteristica. Quando abbiamo ricevuto l’invito ad andare in Arabia Saudita, a Jeddah, ci siamo trovati nel nostro contesto: interreligioso, interculturale. I nostri sono tesori unici al mondo e noi dobbiamo utilizzarli per creare la diplomazia della cultura, la diplomazia del dialogo dove le parti anche su posizioni diverse si pongono l’obiettivo del dialogo su ciò che ha prodotto l’umano. La radice dell’umano è una radice unitaria, non spezzettata o frammentata”.
I sei metri della mappa del Nilo
Undici le opere della BAV destinate alla Biennale di Jeddah, la seconda edizione dopo quella che nel 2023 ha attratto oltre 600mila visitatori. Non si tratta solo di libri. Tra tutte spicca un unicum: è la mappa del Nilo lunga 5 metri e 60 centimetri, non ne esistono altre. Esposta in occasione della mostra su Pietro Ruffo allestita in Biblioteca Vaticana nel 2021, esce per la prima volta dalle Mura Leonine. “Ha una storia molto interessante che risale al XVIII secolo”, spiega Delio Vania Proverbio, Scriptor orientalis della BAV.
Il viaggio di Evlija Cselebi
“Fu acquistata nel 1739 a Costantinopoli dal libanese Giuseppe Alemanni, che nel 1736 diventerà Prefetto della Biblioteca e terrà questa mappa nella sua collezione. Si riferisce direttamente all’opera di un famoso viaggiatore ottomano, Evlija Cselebi, che nel 1683 attraversò l’Egitto dal Cairo fino alle sorgenti del Nilo”, riportando i dettagli del “viaggio più ampio intrapreso su tutto il territorio dell'impero ottomano nel periodo della sua massima estensione, nei dieci volumi del suo celebre libro di viaggio”, il Siyāḥat nāme. I testi, in turco ottomano, presenti sulla mappa rimandano puntualmente a quanto scrive sui diari. “La mappa – prosegue Delio Proverbio – è databile attorno al 1685 e alla Biennale di Jeddah è esposta in un unico ambiente accanto ad una mappa sorella, probabilmente prodotta nello stesso atelier, relativa al Golfo Persico, oggi conservata nella collezione della Biblioteca Nazionale del Qatar”.
Il restauro
Sottoposta prima di partire per Jeddah ad un attento restauro finanziato dal governo saudita e condotto dal Laboratorio di Restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana la mappa del Nilo è stata disegnata ad inchiostro acquerellato su carta veneziana con filigrana “tre lune” ed è estremamente dettagliata: nella rappresentazione del territorio bagnato da quello che è ritenuto tra i fiumi più lunghi al mondo, sono individuabili, a latitudini estremamente schiacciate, rappresentazioni di luoghi simbolici come le piramidi di Giza, il monastero di Santa Caterina nel Sinai, l’acquedotto del Cairo o il Monte Oreb dove Mosè ricevette le tavole della Legge.
L’intervento conservativo ha rimosso i residui della tela su cui nei secoli scorsi la mappa era stata fissata, così come la carta giapponese applicata negli Anni Ottanta del secolo scorso. Dopo aver riparato i danni entomologici i restauratori hanno incollato la mappa su un nuovo supporto di carta giapponese.
Un’occasione di studio
A coordinare il Laboratorio di Restauro della BAV, fondato alla fine del XIX secolo, “uno dei più antichi presenti all’interno di una biblioteca” è Ángela Núñez Gaitán: “Il moderno concetto di restauro del libro –spiega ai media vaticani – è nato all’interno di questo Laboratorio ed è cambiato molto nell’ultimo secolo".
"Il restauro è sempre un'occasione di studio. Abbiamo migliaia di opere su cui intervenire, ma quando ce ne è una che deve partire per una mostra ha la priorità. Il restauro della mappa del Nilo ci ha consentito di studiare questo documento meraviglioso. Abbiamo reintegrato le lacune, chiuso gli strappi, spianato la superficie della mappa attraverso la tecnica dei ‘falsi margini’. Quindi abbiamo eseguito la pulitura, rimuovendo anche, attraverso gli enzimi, alcuni resti di colla animale. Infine si è proceduto al ritocco delle integrazioni e l’opera è riemersa in tutta la sua bellezza”, restituendo “alcuni elementi grafici che prima non si riuscivano nemmeno a vedere”.
Preziose traduzioni del Corano
Sotto la lente dei restauratori vaticani sono passati anche altri volumi selezionati per la Biennale delle Arti Islamiche. Tra tutti si segnalano alcune preziose traduzioni del Corano. “Pensiamo al concetto di intangibilità del testo che è fondamentale per l’Islam: non una virgola deve essere cambiata”, osserva ancora lo Scriptor orientalis della BAV: “Per Jeddah partono alcuni manoscritti unici: una traduzione in greco, la più antica tradizione rispetto anche alle altre lingue. Una traduzione latina di un autore del VII secolo che, con intenti polemici, decise di analizzare la fede musulmana con un’operazione che è la più intelligente in assoluto: leggere il testo e presentare delle contro-tesi”.
Le note di Pico della Mirandola
Infine “un Corano scritto in arabo in scrittura ebraica – aggiunge Delio Proverbio -, pensato per essere letto all’interno della comunità ebraica. Vergato probabilmente in Sicilia nel XIV secolo, questo manoscritto venne portato a Roma da un ebreo convertito, l’intellettuale Flavio Mitridate, e divenne lo strumento attraverso cui l'intellighenzia e gli umanisti nel secondo XV secolo appresero l’arabo”. Nel testo compaiono note di vari personaggi, tra cui Pico della Mirandola. Inoltre “Flavio Mitridate iniziò a tradurre il testo in latino. C’è una scrittura interlineare in rosso in cui questo dotto commenta a lato il testo arabo in latino”.
Il numero e le stelle
Al tema del numero si richiamano le opere medievali di astronomia con il cielo e le costellazioni secondo la visione tolemaica ed un libro di Copernico a dimostrazione del fatto che, mette in luce Frère Adrien de Fouchier (OP) del Dipartimento Manoscritti della BAV, “non esistono culture totalmente distaccate le une delle altre”. “Gli arabi hanno recuperato e sviluppato conoscenze astronomiche sia dell’Asia sia della Grecia antica e dal loro lavoro – prosegue – sono derivate traduzioni nelle lingue occidentali. È il caso di un manoscritto esposto alla Biennale: in arabo e tradotto in greco”.
Confronto e condivisione
“I numeri – osserva de Fouchier – sono strettamente legati all’astronomia. L’importanza dello zero per i calcoli è fondamentale. A questa rimanda il manoscritto di Fibonacci, che fu il primo in Europa a introdurre lo zero giunto dall’India tramite il mondo arabo. In mostra è presente anche un testo stampato di Copernico, con note manoscritte di un suo discepolo, che aiuta a comprendere come diversi elementi provenienti da diverse culture contribuiscano allo sviluppo della conoscenza, dell’approccio e della descrizione del mondo”. Dal confronto e dalla condivisione l’umanità intera si arricchisce. “Un messaggio valido anche per i nostri giorni”, commenta Frère Adrien.
Recuperare le radici della storia
Il pensiero corre alla drammatica situazione internazionale, in modo speciale alle violenze incessanti in Medio Oriente. Monsignor Angelo Zani ricorda la raccomandazione ricevuta dal Papa a dialogare e costruire la pace nel mondo: “Credo che le biblioteche abbiano un compito molto importante per recuperare le radici della storia per vivere nel presente senza compiere i disastri che purtroppo stiamo compiendo oggi”.
Creare connessioni
La partecipazione della BAV alla Biennale delle Arti Islamiche avviene nel segno della speranza, in continuità con il tema del Giubileo 2025: “Pellegrini di speranza”. Il pellegrinaggio, sottolinea il Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana don Mauro Mantovani (SDB), è evocativo “del movimento di popoli, anche attraverso l’interscambio del patrimonio culturale di ciascuno”. “Abbiamo aderito molto volentieri alla prospettiva di mettere a disposizione il materiale che riguarda i numeri e il conteggio. Anche un tema caro a Papa Francesco come il ‘creare connessioni’ ha a che vedere con il numero perché indica un rapporto. In questo senso – conclude Mantovani – la nostra presenza a Jeddah è molto significativa”.
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