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Papa Leone XIV insieme alla famiglia di Rachele Papa Leone XIV insieme alla famiglia di Rachele 

La benedizione del Papa a Rachele, bimba affetta dalla malattia di Batten

In Piazza San Pietro al termine dell’udienza giubilare, Leone XIV ha salutato la bambina originaria di Gubbio accompagnata dai suoi genitori e dalla sorella Rebecca. “Un incontro che ci ha fatto bene”, spiega la mamma Sara che ha lanciato una raccolta fondi per portare la figlia negli Stati Uniti e tentare una cura sperimentale

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

C’è spesso un risvolto inatteso pure nelle storie difficili come quella di Rachele, 8 anni, affetta dalla malattia di Batten, una patologia genetica neurodegenerativa. La sua vicenda si è intrecciata in modo sorprendente con quel “sperare è partecipare” che Papa Leone ha ripetuto più volte nella catechesi di oggi dell’udienza giubilare alla quale lei insieme alla sua famiglia ha preso parte.

Nella “bomba”, come racconta la mamma Sara Palazzari, scoppiata un anno e mezzo fa quando Rachele comincia ad avere un disturbo visivo, le conseguenze immediate non sono le macerie ma la ricostruzione. Intorno a questa famiglia di Gubbio, si mettono a lavoro mamme e papà che, come manovali invisibili, ricompongono i pezzi in un nuovo equilibrio e fanno rinascere il sorriso che, come oggi ha evidenziato il Pontefice, “è il segno della grazia in noi”. La rete che si crea, quella di genitori dei compagni di classe delle bambine Rachele e Rebecca la primogenita, è solida, sostiene, accompagna, si adatta alle necessità di chi, in quei primi momenti, si trova travolto e senza forze.


Il saluto al Papa

“È stato un momento emozionante, molto coinvolgente, - racconta così Sara l’incontro con Leone XIV - si percepisce veramente nell'aria una spiritualità che fa bene a casi come il nostro quando si vive una realtà complessa per cui la fede, la speranza sono essenziali”. Pochi minuti nei quali viene chiesta la benedizione per una famiglia chiamata ad una sfida ardua e difficile.

Un duro colpo

Solo a maggio di quest’anno infatti i disturbi di Rachele hanno un nome: malattia di Batten CNL3, una patologia che inizia con la perdita della vista, per poi intaccare progressivamente capacità cognitive e motorie. Porta crisi epilettiche, regressione e fragilità quotidiane. “Sicuramente la prima fase – racconta Sara - è stata tostissima, un forte senso di smarrimento, un duro colpo” anche perché negli anni precedenti non c’era stata alcuna avvisaglia. “Sia io che mio marito pensiamo che grandi sfide richiedano risposte ancora più grandi e quindi ci siamo subito rimboccati le maniche, insieme poi anche i medici del Gemelli che ci hanno supportato, abbiamo cercato di trovare qualcosa che potesse in qualche modo contrastare questa malattia”.

Una forza potente

Il mondo intorno a questa famiglia improvvisamente si accende, cambia il racconto perché se spesso si parla di allontanamento e abbandono in riferimento alla malattia, qui cresce l’aiuto e in tanti si uniscono per raccogliere la sfida. “Sicuramente gran parte della forza dipende dal fatto che in un percorso simile non siamo soli, la forza arriva con ancora più potenza”. Nasce da qui “Hope4U, insieme contro Batten”, l’associazione che intende dare speranza a Rachele ma anche ad altri bimbi fragili. È una corsa contro il tempo e per questo è stata lanciata una raccolta fondi per una cura sperimentale in America. “Una terapia che potrebbe donarle anche qualità di vita”.

La famiglia di Rachele a Gubbio insieme ad altre famiglie che supportano l'associazione
La famiglia di Rachele a Gubbio insieme ad altre famiglie che supportano l'associazione

Non solo un peso

Al di là di questo, la cifra straordinaria di questa storia è la costruzione di una comunità che si fa prossima al dolore. L’associazione diventa occasione di aggregazione tra famiglie e bambini ma anche con realtà locali. Rachele continua a giocare con i suoi compagni, a vivere momenti di convivialità piacevoli che fanno bene a lei e fanno bene anche alla sua famiglia. Un modo di attutire anche il cambio repentino di vita dopo l’incontro con la malattia. A sostenerli la fede e l’amore per Santa Rita, “siamo convinti che nel nostro percorso siamo presi per mano non solo dai medici che ci supportano, non solo dalle persone che ci sostengono, ma anche da qualcuno di più grande di noi”. “La malattia – conclude Sara – va vissuta non solo come un peso ma anche come un'occasione di crescita, di forza, di determinazione. Spero che mia figlia, grazie al supporto di tutti, possa avere l'opportunità di un futuro diverso da quello che vorrebbe scrivere la malattia”. Anche Dio scrive e scrive dritto sulle righe storte.

Ascolta l'intervista a Sara Palazzari

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06 dicembre 2025, 13:47