Il Papa: la pace non è un'utopia. No al riarmo, si risveglino le coscienze
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
È una pace “disarmata e disarmante”, una pace “umile e perseverante”, quella che Papa Leone implora per questo mondo in cui per raggiungere la stessa pace si fa la guerra; in cui “si arriva a considerare una colpa” il fatto che non ci si prepari abbastanza “a reagire agli attacchi” e “a rispondere alle violenze”. Un mondo in cui le spese militari sono aumentate del 9,4%; in cui il rapporto tra i popoli è basato su paura e dominio; in cui si benedice il nazionalismo e si giustifica “religiosamente la violenza e la lotta armata”.
Un’analisi cruda nel suo realismo ma al contempo confortante per la speranza che la permea, quella di Leone XIV nel messaggio per la 59.ma Giornata mondiale della pace che ricorre il prossimo 1° gennaio 2026, pubblicato questa mattina. La pace sia con tutti voi. Verso una pace disarmata e disarmante è il tema scelto dal Pontefice statunitense per il documento. Ovvero le prime parole con cui lui, Robert Francis Prevost, si è presentato al mondo sette mesi fa dalla Loggia delle Benedizioni.
Fin dalla sera della mia elezione a Vescovo di Roma, ho voluto inserire il mio saluto in questo corale annuncio. E desidero ribadirlo: questa è la pace del Cristo risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente
Trasformare pensieri e parole in armi
L’importanza della comunicazione è uno dei fili conduttori del messaggio in cui Leone esorta i credenti a vigilare “sul crescente tentativo di trasformare in armi persino i pensieri e le parole”. “Le grandi tradizioni spirituali, così come il retto uso della ragione, ci fanno andare oltre i legami di sangue o etnici, oltre quelle fratellanze che riconoscono solo chi è simile e respingono chi è diverso”, scrive il Papa. Tutto questo non è scontato oggi, in un tempo in cui si tende a “trascinare le parole della fede nel combattimento politico, benedire il nazionalismo e giustificare religiosamente la violenza e la lotta armata”.
I credenti devono smentire attivamente, anzitutto con la vita, queste forme di blasfemia che oscurano il Nome Santo di Dio
La pace non è un'utopia
Insieme all’azione, il Papa chiede di “coltivare la preghiera, la spiritualità, il dialogo ecumenico e interreligioso come vie di pace e linguaggi dell’incontro fra tradizioni e culture”. Mediante “una creatività pastorale attenta e generativa”, occorre “mostrare che la pace non è un’utopia”. Infatti “quando trattiamo la pace come un ideale lontano”, finiamo per “non considerare scandaloso che la si possa negare e che persino si faccia la guerra per raggiungere la pace”.
Sembrano mancare le idee giuste, le frasi soppesate, la capacità di dire che la pace è vicina. Se la pace non è una realtà sperimentata e da custodire e da coltivare, l’aggressività si diffonde nella vita domestica e in quella pubblica
La via "disarmante" della diplomazia e della mediazione
Importante, da questo punto di vista, anche la dimensione politica. Il Papa interpella quanti sono chiamati a responsabilità pubbliche nelle “sedi più alte e qualificate”, perché “considerino a fondo il problema della ricomposizione pacifica dei rapporti tra le comunità politiche su piano mondiale: ricomposizione fondata sulla mutua fiducia, sulla sincerità nelle trattative, sulla fedeltà agli impegni assunti”.
È la via disarmante della diplomazia, della mediazione, del diritto internazionale, smentita purtroppo da sempre più frequenti violazioni di accordi faticosamente raggiunti, in un contesto che richiederebbe non la delegittimazione, ma piuttosto il rafforzamento delle istituzioni sovranazionali
Oltre il principio della legittima difesa
Più nel dettaglio, Leone XIV osserva come “nel rapporto fra cittadini e governanti si arriva a considerare una colpa il fatto che non ci si prepari abbastanza alla guerra, a reagire agli attacchi, a rispondere alle violenze”. È una logica “contrappositiva” che va “molto al di là del principio di legittima difesa” e sul piano politico alimenta la “destabilizzazione planetaria” che va assumendo ogni giorno maggiore drammaticità e imprevedibilità. “Non a caso, i ripetuti appelli a incrementare le spese militari e le scelte che ne conseguono sono presentati da molti governanti con la giustificazione della pericolosità altrui”, evidenzia il Papa.
La forza dissuasiva della potenza, e, in particolare, la deterrenza nucleare, incarnano l’irrazionalità di un rapporto tra popoli basato non sul diritto, sulla giustizia e sulla fiducia, ma sulla paura e sul dominio della forza
L'appello della Pacem in terris
Per corroborare il suo pensiero, Leone XIV cita Giovanni XXIII e la Pacem in Terris. Già sessant’anni fa, Roncalli ammoniva che “gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile” e che, con le armi in circolo, “non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico”.
Aumento delle armi
Proprio le armi, annota Leone XIV, hanno visto un aumento a livello mondiale nella loro produzione e commercio nel corso del 2024 del 9,4% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la cifra di 2.718 miliardi di dollari, ovvero il 2,5% del PIL mondiale. “Oggi alle nuove sfide pare si voglia rispondere, oltre che con l’enorme sforzo economico per il riarmo, con un riallineamento delle politiche educative”, sottolinea il Papa, puntando il dito contro le “campagne di comunicazione e programmi educativi, in scuole e università, così come nei media, che diffondono la percezione di minacce e trasmettono una nozione meramente armata di difesa e di sicurezza”.
I pericoli delle "macchine"
Torna in tal senso l’appello dei Padri del Concilio nella costituzione conciliare Gaudium et spes che mettevano in guardia dal rischio dell’uso delle più moderne armi scientifiche per compiere delitti e prendere atroci decisioni, e scongiurava “i governanti e i supremi comandanti militari” a considerare “l’enorme peso della loro responsabilità”. Leone XIV rilancia queste parole, a fronte anche dell’“ulteriore avanzamento tecnologico e l’applicazione in ambito militare delle intelligenze artificiali abbiano radicalizzato la tragicità dei conflitti armati”.
Si va persino delineando un processo di deresponsabilizzazione dei leader politici e militari, a motivo del crescente “delegare” alle macchine decisioni riguardanti la vita e la morte di persone umane. È una spirale distruttiva, senza precedenti, dell’umanesimo giuridico e filosofico su cui poggia e da cui è custodita qualsiasi civiltà
“Occorre denunciare le enormi concentrazioni di interessi economici e finanziari privati che vanno sospingendo gli Stati in questa direzione; ma ciò non basta, se contemporaneamente non viene favorito il risveglio delle coscienze e del pensiero critico”, sottolinea ancora il Vescovo di Roma.
Non distruggere ponti, insistere su dialogo e ascolto
In questo scenario, non bisogna tuttavia dimenticare l’importanza del dialogo, che significa non distruggere i “ponti” e non insistere “col registro del rimprovero” ma piuttosto privilegiare “la via dell’ascolto” e, per quanto possibile, “dell’incontro con le ragioni altrui”. Un insegnamento, questo, mutuato da Sant’Agostino, secondo il quale: “Chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace”.
La pace esiste, vuole abitarci, ha il mite potere di illuminare e allargare l’intelligenza, resiste alla violenza e la vince. La pace ha il respiro dell’eterno: mentre al male si grida “basta”, alla pace si sussurra “per sempre”
Gli operatori di pace, sentinelle nella notte
Il Papa rivolge infine un pensiero agli operatori e alle operatrici di pace che, “nel dramma di quella che Papa Francesco ha definito ‘terza guerra mondiale a pezzi’, ancora resistono alla contaminazione delle tenebre, come sentinelle nella notte”. “Apriamoci alla pace!”, è l’esortazione di Leone XIV, “accogliamola e riconosciamola, piuttosto che considerarla lontana e impossibile. Prima di essere una meta, la pace è una presenza e un cammino. Seppure contrastata sia dentro sia fuori di noi, come una piccola fiamma minacciata dalla tempesta, custodiamola senza dimenticare i nomi e le storie di chi ce l’ha testimoniata”.
Anche nei luoghi in cui rimangono soltanto macerie e dove la disperazione sembra inevitabile, proprio oggi troviamo chi non ha dimenticato la pace
Testimoni e profeti di una pace disarmata
A conclusione del suo messaggio Leone interpella i cristiani perché, “memori delle tragedie di cui troppe volte si sono resi complici”, si facciano “profeticamente testimoni” della pace di Cristo risorto che “è disarmata, perché disarmata fu la sua lotta, entro precise circostanze storiche, politiche, sociali”. Tutti i cristiani sono chiamati ad “agire con misericordia” e a prendere esempio da quei fratelli e sorelle che “hanno saputo ascoltare il dolore altrui e si sono interiormente liberati dall’inganno della violenza”.
“Unire gli sforzi per contribuire a vicenda a una pace disarmante, una pace che nasce dall’apertura e dall’umiltà evangelica”, è l’invito conclusivo del messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2026.
Avviare in sé stessi quel disarmo del cuore, della mente e della vita cui Dio non tarderà a rispondere adempiendo le sue promesse
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