Il Papa ai sacerdoti argentini: umili perché nella superbia si è più vulnerabili
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
È un saluto confidenziale quello che Francesco rivolge in spagnolo alla comunità del Collegio sacerdotale argentino di Roma, ricevuta in udienza questa mattina, 16 gennaio, nella Biblioteca del Palazzo Apostolico vaticano. A presbiteri e formatori Bergoglio consegna il discorso preparato in cui confida che avrebbe voluto celebrare Messa insieme a loro e condividere una cena conviviale, come è uso in Argentina.
Oggi dovrei essere io ad accompagnarvi nella celebrazione della Santa Messa e nella cena. Non occorre che vi dica che mi resta la voglia di una grigliata. Ma, come ben sapete, l’essere pastori ci pone a volte davanti e a volte dietro, secondo i disegni di Colui che è Signore delle nostre vite
LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE IN SPAGNOLO DEL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO
L’esempio del “cura Brochero”
Ricordando il suo Paese natale, il Papa rievoca San Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero, più noto come “el cura Brochero”, sacerdote diocesano vissuto fra l’800 e il ‘900 cui venne affidata una parrocchia nel vasto Dipartimento di San Alberto, privo di infrastrutture, dove si dedicò ai più poveri ed edificò chiese, scuole, strade, ammalandosi poi lebbra durante le visite agli ammalati. Una figura appropriata per chi continua a prepararsi “per affrontare l’ardua battaglia del Vangelo”. Francesco si sofferma, in particolare sulla “sua anima sacerdotale” e sul sacerdozio in sé.
Dobbiamo assumere con fermezza questa identità sacerdotale, permearci del fatto che la nostra vocazione non è un’appendice, un mezzo per altri fini, sebbene pii, come salvarci. Assolutamente no. La vocazione è il progetto di Dio nella nostra vita, ciò che Dio vede in noi, ciò che muove il suo sguardo di amore, oserei dire che in un certo modo è l’amore che Lui ha per noi ed è in questo che radica la nostra vera essenza.
Lavorare per il bene del prossimo
Il sacerdote argentino insegna cosa vuol dire “abbracciare ‘la carriera ecclesiastica’”, aggiunge il Papa nel discorso consegnato, specificando di non amare questa espressione, che però, intesa alla maniera di Brochero - che a dorso di mulo non si risparmiava per raggiungere tutti, spendendosi in particolare per i poveri e gli emarginati -, ricorda la sintesi di San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”. “Lavorare per il bene del prossimo fino all’ultimo [momento] della vita”, il dono totale di sé stessi, l’offerta a Dio nel fratello, spendendosi e consumandosi per il Vangelo”: questo diceva Brochero, che invita anche a preservare la propria anima.
Lottare – continua il santo – con i nemici dell’anima, come i puma che combattono sdraiati quando in piedi non possono difendersi. Ossia, prendersi cura della vita interiore, mantenere acceso il fuoco, con molta umiltà, “sdraiati” perché “in piedi” nella nostra superbia siamo più vulnerabili
Non trascurare l’Eucaristia
Poi “la fraternità sacerdotale”. Il presbitero deve curarla con il proprio vescovo e anche con gli altri sacerdoti, condividendo tutto ciò che ha, lasciandosi correggere e chiedendo agli altri sacerdoti “di condurre una vita di profonda pietà, con una confessione frequente”, “per condividere così tutta la vita, sia materiale sia spirituale e apostolica”. Infine non va trascurata l’Eucaristia, “Brochero cercò di non tralasciarla mai” sottolinea Francesco, a costo di grandi sacrifici.
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