Nigeria, le madri contro l'estremismo e la violenza
Luca Attanasio - Città del Vaticano
«Nel 2014, all’indomani del rapimento di 219 ragazze a opera di Boko Haram, a Chibok, in Nigeria, fui chiamata dall’ex presidente Goodluck Jonathan, a far parte del Comitato presidenziale istituito per provare a capire dove fossero nascoste le ragazze e liberarle. Presi quindi l’iniziativa di andare nei villaggi dove sapevo vivere le famiglie dei leader o dei combattenti di Boko Haram per incontrare direttamente le loro madri. Alcune accettarono di venire con me nelle prigioni dove erano rinchiusi i loro figli e di parlarci. Uno dei più violenti membri dell’organizzazione di estremisti, appena vide che nella sala ricevimento c’era la madre, si gettò ai suoi piedi, non finiva di abbracciarla e di piangere». Comincia così il racconto di un’avventura straordinaria, iniziata oltre dieci anni fa da Hauwa Ibrahim, fondatrice di “Mothers withour borders. Steering Youths Away from Violent extremism (letteralmente: tirare via i giovani dall’estremismo violento)”.
Il paradiso ai piedi delle madri
«In quello squallido androne, mentre io stessa presi a piangere e con me le guardie presenti, mi resi plasticamente conto dell’immensa forza che può sprigionare il soft power delle mamme. In un contesto come quello islamico, poi, dove le madri e i figli maschi sono profondamente legati da un rapporto quasi sacro, che deriva dalla frase del Corano: “Il paradiso giace ai piedi delle madri”, l’influenza di una mamma può molto più di torture, scontri armati, l’utilizzo di droni o di intelligence. “Cosa è andato storto figlio mio?” disse in quell’occasione la mamma dell’estremista islamico. Il ragazzo cominciò a parlare senza più fermarsi, era come un fiume in piena, confessava alla madre i suoi peccati e, con essi, forniva alla polizia elementi fondamentali per le ricerche delle ragazze rapite e sulle attività segrete di Boko Haram».
Sradicare l'estremismo
Hauwa Ibrahim, terminato il commovente incontro nel carcere di Abuja, ha le idee chiare. Quell’immagine di una povera donna che aveva perso il contatto con il proprio figlio da oltre tre anni e di quel ragazzo che in un attimo, sciolse tuttala sua durezza in un mare di lacrime, doveva diventare un metodo. Decide quindi di fondare Mothers Without Borders (MWBs). La ex ragazzina ribelle di Hinna, Stato del Gombe, nord della Nigeria, costretta a fuggire a soli 11 anni da casa per evitare di finire sposa di un uomo molto più grande di lei e per proseguire gli studi che amava visceralmente, dopo una lunga carriera come avvocatessa di donne condannate dalla sharia o di bambini vittime di violenza, da quel momento dedica ogni energia allo sradicamento dell’estremismo. Forte della sua lunga esperienza, del bagaglio teoretico che l’ha portata a essere docente ad Harvard di “Women, Justice and Sharia” o di “Introduction to Critical Human Rights Thoughts and Social Justice” all’Università di Tor Vergata, la Ibrahim comincia a guadagnare fama e a esportare il suo metodo. E dopo che in Nigeria la sua intuizione cominciò a dare i primi frutti nel ritrovamento di decine di ragazzine rapite, fu chiamata anche in altri contesti. «Alcuni anni dopo fui convocata dal Principe giordano Hassan bin Talal che chiedeva il mio aiuto per affrontare la delicata questione della diffusione dell’estremismo islamico all’interno dei campi profughi. Nei campi di Zatari e Irbid parlai con molte donne i cui figli erano stati irretiti dall’Isis con dinamiche molto simili a quelle di Boko Haram. Fu chiaro anche in quel caso che il potere soft delle madri sarebbe stato un’arma efficacissima».
Con l'istruzione si combatte la violenza
Nel 2018, dopo anni di esperienza diretta nel campo della ricerca della pace, Hauwa Ibrahim dà vita a The Peace Institute, un’organizzazione internazionale che, partendo dalla filosofia di MWBs, promuove attività concrete e teoriche, per diffondere una cultura del dialogo e dell’incontro pacifico. Tra le sue attività più pratiche, c’è il coinvolgimento di donne e bambini in contesti critici per favorire empowerment ed evitare l’attrazione verso terrorismo e violenza. «Dal 2019 — riprende Ibrahim — abbiamo attivato progetti di summer school per bambini in Nigeria, nell’area dove Boko Haram è più attivo. Li chiamiamo STEAM camps (Science, Technology, Engineering, Arts, and Mathematics ) e durano circa un mese. I bambini di varie età imparano grazie al sostegno di volontari che vengono da tutto il mondo, alcuni sono miei studenti. In sei anni abbiamo coinvolto oltre 6000 ragazzi». Le “Mamme senza frontiere”, nel frattempo, hanno assunto un carattere internazionale e stanno diventando un movimento di donne che, consapevoli del loro potere, si uniscono globalmente per drenare violenza e conflitto. «Crediamo nella costruzione della pace attraverso il potere gentile delle madri – conclude Ibrahim — e puntiamo ad amplificare la voce delle donne nelle famiglie e nelle comunità al fine di affrontare le cause profonde dei conflitti. MWBs è diventata una rete di reti che sostiene l'azione globale per la pace. Siamo qualcosa che va al di là della diplomazia, dobbiamo sempre più rendercene conto».
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