La cura della Speranza, un libro per affrontare le sfide di oggi
Debora Donnini – Città del Vaticano
L’uomo di oggi, immerso nella società liquida, cerca spesso il proprio senso nel possesso delle cose, nella realizzazione personale o nella distrazione con dipendenze da sostanze, giochi e altri vizi. È in questo quadro che si inserisce la riflessione del libro di recente uscita per la casa editrice Chirico, dal titolo Cosa potrò temere? Riflessioni sulla Speranza per vivere senza paura e poter amare.
Una raccolta di saggi di diversi autori compone questo “viaggio nel mondo della speranza” dalle sfaccettature bibliche, teologiche, liturgiche, mediche e con riferimenti anche alla vita di relazione nel matrimonio.
A curarlo è Paolo Gentili, medico psichiatra, già professore associato di Psicologia Clinica presso l’Università Sapienza di Roma, che, nell’intervista ai media vaticani, punta i riflettori su una differenza: da un lato l'interrogarsi su come costruire la speranza, secondo un’antropologia puramente laica, dall'altro il mettere al centro e far conoscere in “Chi” avere speranza, secondo un’antropologia rivelata. La speranza, dunque, come virtù teologale.
Sottolinea l’intento del libro, nella presentazione, monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste: i testi intendono aiutare il lettore a “purificare le proprie umane speranze e a convergere verso la Pasqua del Signore Gesù quale evento da cui scaturisce ogni speranza autentica e liberante”.
Il diffuso senso di inadeguatezza dei giovani
È proprio l’esperienza di medico e psicoterapeuta ad aver attirato l'attenzione di Gentili su come il nostro tempo sia segnato non solo dalla sofferenza psicologica con i suoi sintomi di ansia e depressione - che peraltro caratterizza ogni epoca - ma da qualcosa di peculiare: “un forte sentimento di paura di vivere, di inadeguatezza rispetto al proprio ruolo, che si presenta sempre più in fasce più giovani”. Questo disagio si manifesta sotto forma di dipendenze o anche in adulti giovani che hanno paura ad impegnarsi in rapporti affettivi, a diventare genitori. Tale realtà ha colpito lo psichiatra che però nota come, accanto a questo, vi siano forti segni della presenza di speranza negli stessi giovani e negli adulti.
Una storia di salvezza
“Da una parte - nota Gentili - abbiamo un'antropologia che io man mano ho definito immanente o laica o centrata sull'individuo, che ha come obiettivo l'uomo che cerca il suo benessere con le sue forze, che ha fiducia nelle sue capacità, e questa ‘speranza’ viene coltivata, per esempio, in molti interventi di psicoterapia o di appoggio psicologico alla persona. Dall'altra, completamente diversa, è una lettura “secondo l'antropologia rivelata, nella quale sono completamente diversi i punti di partenza”. “Come professionista - prosegue - mi sono chiesto ormai da un po' di anni che cosa veramente aiuti la persona ad affrontare questa esperienza che è la mancanza di speranza e ho trovato nella speranza cristiana questa fonte: la speranza cristiana fa appoggiare la vita della persona sul fondamento che è Dio e ha come obiettivo non il benessere momentaneo del singolo, ma questo incontro con Lui visto come un Padre buono che ha messo ognuno in una storia di salvezza personale”.
L’inquietudine e la speranza
Il testo consta di tre parti. La prima sui fondamenti biblici e teologici, che si rifanno anche agli insegnamenti di San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco e Leone XIV. Questa parte comprende il saggio sulla speranza dei professori don Francesco Giosuè Voltaggio e Paolo Ciglia. Una lettura a partire dal libro di Giobbe e della filosofia ebraica, specialmente con riferimenti a Levinas e Neher. Un saggio che analizza il pensiero di San Paolo in tal senso e porta ad affermare che “la speranza cristiana, lungi dall’essere un ottimismo ingenuo e spensierato, è una virtù teologale che implica il combattimento costante della fede”.
Il valore delle parole e preghiera nella cura
Il ruolo della speranza cristiana nella cura dei malati è al centro della seconda parte del testo. Il libro, infatti, spiega ancora il professor Gentili, non vuole dare “una serie di buoni consigli”, ma offrire delle risposte concrete.
Per quanto riguarda la parte del libro sulla malattia, il professor Giuseppe Failla, medico radiologo, responsabile della mammografia presso l’ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma, ha scritto un saggio in cui offre “la possibilità di identificarsi con persone che hanno fatto questo cammino dal dolore senza senso alla speranza e quindi anche a una vita vissuta piena di pace, di tranquillità e anche di buona adesione alle terapie”, spiega Gentili.
Con sua moglie Elisabetta Marciani, psicoterapeuta, il professor Gentili ha scritto uno dei capitoli dedicato anche all’ultima fase della vita, la vecchiaia, età nella quale c’è il rischio che si veda il passato come una condanna e il futuro senza speranza. “Il tempo finale della vita - sottolineano invece i coniugi Gentili-Marciani - è quello nel quale la persona rivela a Chi e a cosa ha creduto e come ha sperato”.
Il professor Gandolfini, medico chirurgo, specializzato in neurochirurgia e psichiatria, si sofferma sul carattere neurobiologico delle dipendenze, quando, “il cervello emotivo” prende per così dire il sopravvento sul “cervello cognitivo”, mentre fra queste due dimensioni serve una “mediazione”. Si evidenzia, dunque, la portata della speranza nella cura, che gioca “un ruolo decisivo”, così come la disperazione uno molto negativo. “Potremmo dire - scrive Gandolfini - che la speranza è un potente farmaco e che le parole che veicolano speranza sono un presidio importante per vincere la malattia del corpo e della mente: l’associazione fra farmaci specifici e parole di speranza sono l’accoppiata vincente per la cura del malato”.
Fondamentale la preghiera che ha fra l’altro la capacità di stimolare la produzione di alcuni ormoni con effetti benefici come dopamina, serotonina e noradrenalina. Un saggio molto interessante che consente di approfondire la complessità del nostro sistema cerebrale.
Un aiuto concreto per i caregiver
“Questo - evidenzia ancora nell’intervista il professor Gentili - è un dato che ormai si ha da anni e viene sempre più confermato: esiste una neurobiologia della speranza”. “La parola, come dice il professor Gandolfini, è una freccia potente, attiva un cambiamento del cervello, un cambiamento - è dimostrato - che non è solamente un aspetto emotivo, sentimentale, affettivo, ma c'è un cambiamento documentato sull’attività cerebrale”.
“Penso - aggiunge - all'effetto analgesico della preghiera che comporta un cambiamento nella percezione di quello che la persona sta vivendo, sia il dolore fisico o psicologico, sia il senso. Ed è ciò che questo libro vuole proporre: come la speranza comporti un orientamento potente sugli stati mentali, che non sono fermati sul nero, sul grigio, sul dolore ma porti un reale cambiamento verso una revisione della propria esperienza del dolore e anche della malattia. Questo aspetto dell’aprirsi alla speranza è un elemento fondamentale del libro perché il testo si rivolge molto ai caregiver delle persone malate, delle persone anziane, non autosufficienti, o a quanti vogliono aiutare coloro che ormai vivono facendosi del male. Per chi si prende cura, è possibile avere nella speranza un aiuto potente per continuare a offrire speranza: questo è uno dei frutti della speranza illuminata dalla fede perché aiuta le persone che aiutano a contrastare i rifiuti o a contrastare le difficoltà di aiutare persone che sono rivestite di disperazione”.
Perdono nel matrimonio
C’è poi un capitolo dedicato alla Vergine Maria, donna di speranza, e una parte che riguarda la relazione fra speranza e matrimonio cristiano. Ad affrontarla è don Armando Medina Vargas, vicedirettore della Domus Galilaeae e professore di Teologia morale e Bioetica. “Il matrimonio – sottolinea don Medina Vargas nell’intervista ai media vaticani - ha bisogno di essere fondato sulla speranza in modo soprattutto che nei momenti difficili, sia per quanto riguarda il rapporto tra i coniugi, sia per quanto riguarda anche le difficoltà nella salute, difficoltà anche come genitori, la speranza li sostenga sempre e li apra all’agire di Gesù Cristo. Questo aiuta anche i figli, perché c'è un'altra virtù, che è la pazienza, il sapere aspettare in alcuni momenti, perché Gesù Cristo provvederà”.
L'analisi di don Medina Vargas, in questo capitolo, parte dalle riflessioni di San Giovanni Paolo II sulla teologia del corpo. Si sottolinea l'amore in relazione a una dinamica di dono reciproco. “La persona umana è, nel suo essere stata creata da Dio, un essere in relazione, una relazione di dono reciproco”. Quando il demonio semina nel cuore dell'uomo il dubbio sull'amore di Dio, con il peccato, "questa relazione di dono reciproco si trasforma in una relazione di appropriazione, per questo nella vita matrimoniale accade tante volte che si manifesti un'impossibilità ad amare l'altro così come è. Precisamente questo dono, il dono di Dio che viene alimentato attraverso i Sacramenti e la Parola di Dio, fa sì che l'uomo possa perdonare, possa riconciliarsi, e con Gesù Cristo questo perdono è possibile, in modo che questa esperienza del perdono di ogni giorno, fa che il marito possa perdonare la moglie e viceversa. Anche se durante il matrimonio possono accadere delle situazioni che a volte sembrano impossibili da perdonare - una di queste è l'adulterio - con l’aiuto di Dio, il matrimonio si apre alla speranza: anche vivendo un momento difficile come questo o altri momenti, si può dare il perdono. Cristo è colui che fa nuove tutte le cose, abbiamo una parola nelle nozze di Cana, è lui che porta il ‘vino nuovo’ al matrimonio”.
Il Giubileo
La speranza è infatti il messaggio centrale del Giubileo che stiamo vivendo e ormai volge al termine, non a caso il libro vede la luce in questo Anno Santo. La bolla di indizione Spes non confundit sottolinea, infatti, che la speranza che non delude è quella in Dio. “La testimonianza credente - vi si legge - possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova, dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore”.
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