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In Giordania un progetto per l'integrazione attraverso il calcio realizzato dalla Fondazione Avsi In Giordania un progetto per l'integrazione attraverso il calcio realizzato dalla Fondazione Avsi  (© AVSI)

Giordania, assistenza ai più deboli e integrazione attraverso lo sport

Il Paese arabo ha recentemente festeggiato la prima qualificazione in assoluto ai Mondiali di calcio del 2026. Ai media vaticani la testimonianza di Nicola Orsini, country manager di Avsi in Giordania, che qui realizza progetti anche in ambito sportivo. "Questo è un Paese votato naturalmente all'accoglienza, all'integrazione e alla pace. Aiutiamo in particolare i vulnerabili, come donne e bambini, e i tanti rifugiati siriani ancora presenti"

Roberto Paglialonga - Città del Vaticano

I festeggiamenti sono andati avanti tutta la notte. I caroselli in automobile con le radio a tutto volume, i clacson suonati all’impazzata, le bandiere al vento, i cori da stadio, la folla che ha invaso le strade della capitale e molte altre città. E poi i pirotecnici giochi di luce con i droni per proiettare nel cielo immagini legate al pallone. Il 6 giugno 2025 per la Giordania è stato un giorno memorabile: la prima qualificazione in assoluto alla fase finale della coppa del mondo di calcio, che si disputerà tra Usa, Canada e Messico nel 2026, non è stato solo un traguardo sportivo, un successo dopo anni di delusioni. È stato il simbolo di una sorta di riscatto sociale e popolare.

Le attività sportive anche come fattore educativo nelle scuole

"Questo è un Paese fortemente appassionato di calcio e dei mondiali: fino ad ora, paradossalmente, avevamo visto sventolare solo le bandiere di varie nazionalità, ma non quella giordana. Stavolta siamo stati travolti da un’onda di popolo unita sotto i vessilli del proprio Paese". A raccontarci le impressioni di quel momento di festa è Nicola Orsini, dal 2018 country manager di Avsi in Giordania, raggiunto dai media vaticani al telefono mentre si trova ad Amman. "È il gioco in quanto tale a essere amato, a scuola, nei campetti, per le strade. Ma almeno fino ad oggi non è mai stato sentito come una possibile professione o un’opportunità di crescita lavorativa". Soprattutto nei giovani, invece, adesso "si nota già un leggero cambio di mentalità, anche una speranza: la percezione che il calcio possa diventare un’occasione di sviluppo, personale, sociale e anche dell’economia nazionale. Così a livello di enti, autorità locali, club, si inizia a pensare a maggiori investimenti nel settore, nonché al potenziamento di attività sportive come fattore educativo nelle scuole".

Avsi: il calcio per superare i traumi della violenza familiare o della guerra

Lo sport non è solo un generatore di indotto, però, o di occasioni professionali: è anche e soprattutto una via per creare relazioni, integrazione e, di fatto, un motore per la pace. Da cinque anni Avsi ha avviato un progetto, finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, nell’ambito della protezione dei minori e delle donne, e rivolto tanto ai rifugiati siriani quanto ai locali che si trovano in stato di vulnerabilità, all’interno del quale sono state inserite attività sviluppate insieme all’Associazione italiana calciatori (Aic). "Nel 2020 — spiega Orsini — è partita la prima iniziativa per la formazione di giovani che poi potessero utilizzare lo sport nell’ambito dell’educazione di bambini provenienti da contesti di fragilità, per esempio con un passato di violenza familiare o traumatizzati per aver vissuto in Paesi in guerra. Il calcio, quindi, come strumento per superare difficoltà psico-sociali, integrarsi in un nuovo ambiente, sviluppare legami e amicizie". Oggi, quello che allora era un progetto è diventato un programma, che continua e che finora ha formato oltre 50 ragazzi e ragazze. "Questi conducono attività con i più piccoli dai 6 ai 12 anni in varie zone della Giordania, anche le più remote". Un aspetto sorprendente — sottolinea — è che "ne hanno tratto giovamento non solo i bambini, ma anche i loro genitori, contribuendo in alcuni casi a riallacciare relazioni e sanare ferite che sembravano non rimarginabili". E alcuni bambini che hanno preso parte al progetto negli anni scorsi stanno ora svolgendo attività gestite da grandi club internazionali, come il Real Madrid. Insomma, un sogno che se non si avvera, almeno si intravede.

Supporto psico-sociale e assistenza ai vulnerabili

Non tutto si esaurisce nello sport però. "L’ambito è molto più ampio. Nel programma in favore dei vulnerabili si prevedono supporto psico-sociale, assistenza ai minori e alle donne, anche per contrastare la violenza di genere, iniziative di recupero scolastico volte soprattutto ai rifugiati siriani, per poterli poi reintegrare pienamente nel percorso di studio. Avsi, inoltre, porta avanti fin dal 2001 un progetto di sostegno a distanza, attraverso gli istituti scolastici del Patriarcato latino".

Comunità coinvolte nella tutela del patrimonio storico e archeologico

E infine, c’è il settore della tutela e promozione del patrimonio storico e archeologico. La Giordania è una culla di arte e spiritualità, considerata “Terra Santa oltre il Giordano”, luogo che unisce le tradizioni bibliche legate ad Abramo, Mosè, al profeta Elia, a Giovanni Battista e a Gesù stesso, ma non solo. "Coinvolgiamo comunità locali e rifugiati nel recupero di alcuni dei siti più importanti, come quello di Petra o di Rihab al nord, vicino a Mafraq, che ospita decine di chiese di epoca bizantina ora restaurate in collaborazione con Unesco e dipartimento dell’Antichità". Sono proprio "le persone del posto, anche non tecnicamente formate, a lavorarvi, con la supervisione di archeologi esperti: così imparano un mestiere, guadagnandosi da vivere con il metodo cash for work, e tra loro, soprattutto nell’arte del mosaico, molte sono donne; ma anche la riscoperta e la valorizzazione del patrimonio che li accomuna". In più, collaborando insieme, giordani e siriani, "crescono nella coesione sociale". Un percorso che, nelle intenzioni e nei progetti, potrebbe aiutare anche a sviluppare il sistema delle micro-imprese legate al turismo. Mentre il tema dell’educazione al patrimonio per giovani e studenti, quest’anno, sarà oggetto di un progetto, assieme all’Associazione Pro Terra Sancta, supportato anche dalla tradizionale “Campagna Tende”, che si svolge nel periodo di Natale.

La situazione dei profughi in un Paese votato all'accoglienza e alla pace

L’immagine della Giordania, nel complesso, è quella di un Paese con una vocazione alla pace e all’accoglienza. "La sua storia è strettamente legata all’ospitalità di profughi, soprattutto da Palestina, Iraq e Siria. Ufficiosamente ne ha oggi al suo interno circa 1,2 milioni (su una popolazione totale di 11 milioni di persone), di cui 700.000 siriani registrati all’Unhcr e quasi 40.000 iracheni, i quali però in genere arrivano per poi andare altrove. Ed è significativo che questa sua vocazione, promossa e portata avanti grazie all’iniziativa della Casa reale hashemita, sia esercitata pur in assenza di grandi risorse naturali, a parte alcuni minerali nella zona del Mar Morto, o di settori economici particolarmente fiorenti, al di fuori del turismo e dei pellegrinaggi". Nell’attuale momento di crisi del Medio Oriente, è però "difficile pensare, evidenzia il responsabile di Avsi, che ci si apra ad accogliere ulteriori profughi, la situazione diventerebbe ingestibile. Tuttavia, Amman potrà giocare un ruolo importante nel campo della ricostruzione" di terre colpite, come la Siria o Gaza, e degli aiuti umanitari. Più complicato, invece, ancora il rientro dei rifugiati, soprattutto verso Damasco e le città siriane: "Non ci sono ancora le condizioni di sicurezza e stabilità: molti che hanno provato a rientrare sono poi tornati in Giordania", conclude.

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07 dicembre 2025, 10:27