In Myanmar oltre 3 mila vittime per il sisma mentre si prova a far tacere le armi
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Continua a salire, inesorabilmente e drammaticamente, il bilancio delle vittime del terremoto in Myanmar, mentre si scava ancora tra le macerie della scossa di 7.7 che venerdì scorso ha colpito il Paese del sud-est asiatico, assieme alla Thailandia. La giunta militare, dal 2021 al potere a Naypyidaw con un colpo di stato, ha confermato finora 3.085 decessi, 4.715 feriti e oltre 300 dispersi, annunciando al contempo un cessate-il-fuoco temporaneo nella guerra che da anni oppone esercito e milizie etniche.
La tregua annunciata dalla giunta
La pausa nelle operazioni belliche, fino al 22 aprile, sarà osservata — hanno fatto sapere i militari — per accelerare gli sforzi di soccorso e ricostruzione, nonostante nelle scorse ore proprio la giunta guidata da Min Aung Hlaing avesse respinto uno stop ai combattimenti offerti dalla Three Brotherhood Alliance, che riunisce tre movimenti armati. Uno di questi, l’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang (Tnla), aveva peraltro denunciato ieri che i militari avevano aperto il fuoco su un convoglio di aiuti umanitari della Croce rossa cinese destinati alla città di Mandalay, una delle più colpite dal sisma.
Una violenza che stride con la devastazione sul terreno, mentre lo stesso Min Aung Hlaing è partito oggi alla volta di Bangkok, in Thailandia, in una inedita missione all’estero per il vertice Bimstec, l’Iniziativa per la cooperazione tecnica ed economica multisettoriale del Golfo del Bengala.
L'impegno di una ong legata al Pime
La piena portata del disastro deve ancora comunque essere delineata: il terremoto ha raso al suolo edifici non solo a Mandalay e Sagaing, ma in tutto il Myanmar. Nella difficoltà delle comunicazioni che funzionano a singhiozzo, lo testimonia da Yangon Livio Maggi, direttore della ong “New Humanity International Foundation”, che come espressione dell’impegno sociale del Pime di Milano da anni in Myanmar si occupa principalmente di inclusione, lotta alle dipendenze, accompagnamento ai disabili e sviluppo agricolo. «È un’emergenza che tocca tutti, anche noi a Yangon, dove abbiamo elettricità non oltre 8 ore al giorno e utilizziamo generatori e altri servizi che ci garantiscono un po’ di energia. Ma è una situazione di fronte alla quale non potevamo rimanere immobili: serve tutto», testimonia Maggi. Racconta che stamattina è arrivato a Mandalay «un team della ong, partito ieri con un camion carico di medicinali, materiale sanitario, cibo per almeno 2.000 persone. Abbiamo inviato anche “basic nutrition” per i bambini, perché purtroppo in un contesto simile i primi a rimetterci sono proprio i più piccoli». Gli aiuti sono stati distribuiti per metà a una parrocchia della diocesi locale e per metà ad un ospedale di Mandalay «che è quasi completamente crollato». Nella struttura, riporta, «avevano bisogno di medicine, come i farmaci calmanti, perché evidentemente le persone con traumi ossei o qualcosa di simile hanno forti dolori».
Permane, inoltre, il rischio di malattie come il colera, «con una situazione così drammatica di mancanza d’acqua e di igiene, in cui tutto è collassato. A Mandalay la gente dorme per strada, è scioccata, ha paura, ci sono ancora delle onde del terremoto, delle scosse di assestamento. Le persone hanno una grande capacità di reagire ma c’è bisogno di acqua, di cibo, di ripari, anche di un semplice telo perché il sole picchia forte — ci sono quasi 40° — oltre che di ventilatori a energia solare. Poi, già tra un mese probabilmente, cominceranno le piogge dei monsoni».
Cucire relazioni e rapporti
Di fronte alle notizie di un cessate-il-fuoco proclamato in queste ore proprio per facilitare le operazioni di soccorso, la riflessione del direttore di “New Humanity International Foundation” richiama l’«importanza di una cooperazione, una collaborazione fra tutte le parti». D’altro canto l’esperienza della ong, da oltre vent’anni, è proprio quella di «cucire relazioni e rapporti anche fra diversi mondi».
«Cerchiamo di avere uno staff misto»: per esempio ci sono buddisti, come il medico che opera a Mandalay, ma anche cattolici, battisti, musulmani, induisti, perché «la religione non può e non deve diventare un’occasione di divisione». È, insomma, importante esserci e rimanere, anche e soprattutto adesso.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui