Siria, centinaia di morti negli scontri contro gli ex-assadisti
Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
Per un governo "inclusivo, rappresentante di tutti" e di una transizione "giusta", più volte evocati per la Siria dal nuovo leader di Damasco, Ahmed al-Sharaa (alias Mohammed al-Jolani), si lavora ancora. Con la sensazione che la soluzione in vista di una pacificazione nazionale, anche a seguito dell’uscita di scena della famiglia Assad dopo 54 anni di potere e dopo quasi 14 anni di guerra civile, non sia dietro l’angolo.
Tensioni e scontri armati nelle città degli ex-assadisti
Il leader di Damasco al-Sharaa avverte i ribelli: “Deponete le armi”
I sostenitori del deposto presidente, che appartengono alla minoranza alawita, una branca dell’Islam sciita — colpevoli di aver organizzato insurrezioni e la prima vera resistenza armata contro gli attuali capi di Damasco dalla caduta di al-Assad — ieri su Telegram sono stati invitati da al-Sharaa ad "arrendersi prima che sia tardi". Nel frattempo contro di loro è stata avviata una feroce repressione, che i rappresentanti dell’esecutivo provvisorio definiscono "operazioni di sicurezza mirate e precise" per colpire chi "ha attaccato tutti i siriani". L’obiettivo delle forze goverative è di portare "tutte le armi nelle mani dello Stato".
Centinaia i morti tra Latakia e Tartus
Intanto, però, l’Osservatorio per i diritti umani in Siria, ong che ha sede a Londra ma significativi contatti nel Paese, denuncia l’uccisione di "311 civili alawiti nella regione costiera", colpiti "dalle forze di sicurezza e da gruppi alleati", vittime addirittura di rastrellamenti ed esecuzioni sommarie a sangue freddo in diversi villaggi. Tra i morti anche donne e bambini. Numerosi sono apparsi sui social i video di brutalizzazioni compiute sui corpi, oltre a quelli che mostrano anche il lancio contro le località "ribelli" dei cosiddetti barili-bomba, per anni usati dalle milizie di al-Assad contro i sunniti — di cui invece fanno parte i sostenitori di al-Sharaa — che si opponevano all’allora potere di Damasco. Sempre secondo l’Osservatorio sarebbe quindi adesso di oltre 540 il numero totale dei morti da giovedì. La Bbc ha riferito che a Latakia, Tartus e Homs si sono verificati anche blackout elettrici. E mentre oggi il ministero della Difesa siriano ha annunciato la chiusura delle strade che portano alla parte costiera del Paese, migliaia di persone delle comunità alawite stanno abbandonando le proprie abitazioni e varcando il confine con il Libano per fuggire dai combattimenti e dalla violenza. Anche le autorità irachene, secondo quanto riporta “Sabereen News”, starebbero aumentando le misure di sicurezza lungo la linea di confine con la Siria.
Le minacce di Israele
Il caos e l’instabilità che si stanno vivendo nel Paese hanno dato il destro al governo di Israele — che nei giorni scorsi ha già detto di essere pronto a un intervento armato nel sud, ufficialmente "a protezione" dei drusi —, per passare agli attacchi verbali contro gli islamisti al potere. "Al-Jolani ha tolto la maschera e ha mostrato il suo vero volto: un terrorista jihadista della scuola di al-Qaeda, responsabile di atti orribili contro i civili", ha dichiarato il ministro della Difesa, Israel Katz, il quale ha aggiunto che Tel Aviv "si difenderà da qualsiasi minaccia arrivi dalla Siria".
Iran, Turchia e Russia: “Fermare lo spargimento di sangue”
Dal ministero degli Esteri iraniano è stata condannata con fermezza "la violenza sui civili innocenti". Turchia e Russia, sebbene su fronti opposti, hanno avvertito che lo spargimento di sangue minaccia la stabilità dell’intera regione. Iran e Russia negli anni hanno sostenuto il regime di Assad, e Mosca sta cercando di mantenere la propria presenza attraverso basi militari proprio a Latakia e Tartus. Mentre Ankara ha appoggiato la presa del potere da parte del movimento di al-Sharaa, Hay'at Tahrir al-Sham (Hts), e diverse milizie filo-turche operano tuttora nelle regioni del nord.
Le parole dell’Onu
Infine, anche l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Geir Pedersen, si è detto “profondamente preoccupato” per quanto sta accadendo e ha invitato tutte le parti ad "astenersi da azioni che potrebbero ulteriormente infiammare le tensioni, intensificare il conflitto, esacerbare la sofferenza delle comunità colpite e mettere a repentaglio una transizione politica e credibile".
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