Medio Oriente, tra Israele e Hamas tregua più vicina
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Un cessate il fuoco immediato che consentirebbe un più agevole ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, dove la situazione, come è noto, è ormai al collasso: è in sintesi il contenuto della telefonata intercorsa ieri tra il presidente americano uscente Joe Biden e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma è solo l’ultimo degli indizi su una tregua che ormai appare davvero vicina. “C’è la volontà di raggiungere un accordo prima dell’insediamento del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca”, il 20 gennaio prossimo, si è sbilanciato il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan.
I termini del possibile accordo
Anche sui contenuti dell’intesa trapelano i dettagli, innanzitutto sullo scambio di prigionieri: in cambio di 33 ostaggi da 15 mesi nelle mani di Hamas, cui si aggiungono soldati feriti delle forze di difesa israeliane, Tel Aviv rilascerà oltre tremila detenuti palestinesi, di cui 200 condannati all’ergastolo e un migliaio tra donne, bambini e malati. Tutti torneranno nelle loro case nei territori, tranne quelli con pene più pesanti che saranno probabilmente esiliati in Qatar, Egitto o Turchia. Secondo i media locali, Israele avrebbe già allo studio piani per un rapido ritiro da Gaza e avrebbe proposto ai mediatori l'istituzione di una zona cuscinetto di 1,5 chilometri intorno agli attuali confini della Striscia.
Le mutate condizioni dell’area mediorientale
Favorevole a un accordo, per la prima volta, anche il premier israeliano Netanyahu soddisfatto dal raggiungimento di un accordo di cessate il fuoco nel Libano meridionale e il progressivo ritiro dell'esercito israeliano che si concluderà il 27 gennaio prossimo. A determinare un sostanziale cambiamento a livello regionale anche la caduta del governo di Assad in Siria e il conseguente indebolimento dell’Iran.
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