Fiumicino, 122 rifugiati dalla Libia con i corridoi umanitari
Matteo Frascadore - Città del Vaticano
Una calda accoglienza e un clima di festa. Un vero e proprio corteo quello che si è animato presso il Terminal 5 dell’aeroporto di Fiumicino, dove un gruppo di rifugiati ha festeggiato il proprio arrivo in Italia. Tra loro c’erano diversi bambini e mamme con i figli in braccio o nella culla. Un ragazzo, in videochiamata con la propria famiglia, mostra fiero il suo cartellino indicando la scritta “Viterbo”, quella che sarà la sua nuova casa.
Il corridoio umanitario
Un volo proveniente da Tripoli e organizzato da Unhcr ha portato 122 rifugiati di cui oltre la metà minori. Il loro arrivo in Italia è stato reso possibile dal protocollo tra Ministero dell’Interno, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), Arci (Associazione Ricreativa Culturale Italiana) e Comunità di Sant’Egidio, firmato nel dicembre 2023, che ha finora consentito l'arrivo in sicurezza di 659 persone. I rifugiati, provenienti da Sudan, Sud Sudan ed Eritrea, verranno accolti in diverse regioni italiane da Comunità di Sant’Egidio (53 persone), Arci (30 persone) e tramite il Sistema Accoglienza e Integrazione (39 persone). “C’è bisogno di un’immigrazione legale e di vie legali, come questa che dona un futuro a molti ragazzi. Tra di loro ci sono anche dei sudanesi. Sappiamo quale è la loro sofferenza”, ammette a Vatican News Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. La sua attenzione si sposta sui bambini, molti dei quali “necessitano di cure e saranno trasferiti negli ospedali”. Per loro, conclude, “qui c’è un futuro. Non saranno parcheggiati, bensì accolti in famiglie e parrocchie che garantiranno loro benessere e pace”.
La storia di Altom ed Esra
“Ho vissuto nei campi profughi sin dalla guerra in Darfur, nel 2003, prima di cadere nell’inferno della Libia”. Il racconto è di Altom, un uomo arrivato oggi in Italia tramite il corridoio umanitario. Carceri e torture segnano il suo racconto nel contesto della Libia. Poi i primi lampi di luce. Nel 2014 ha conosciuto Esra, sua moglie, e con la loro bimba, Taleen, nata lo scorso luglio, sono giunti oggi in Italia. “Siamo felici. Speriamo che questo progetto continui e come ringraziamento nei confronti dell’Italia, ci impegneremo al massimo per integrarci quanto prima”, concludono.
Un modello italiano in crescita
Una piccola goccia di speranza, perché i numeri “sono ancora piccoli, ma Arci crede molto in questa iniziativa e sostiene tutte le vie e gli ingressi legali”, dichiara a Vatican News Valentina Itri, Coordinatrice Ufficio Immigrazione Arci nazionale. Una dimostrazione con i fatti di come “con la volontà politica è possibile per loro arrivare in Italia senza rischiare la propria incolumità. Si tratta di un modello, quello adottato dall’Italia, “che funziona”, ammette Filippo Ungaro, portavoce Unhcr. “Con questo sistema dal 2017 l’Italia ha accolto oltre 2.000 rifugiati. Considerando che nel mondo sono oltre due milioni i rifugiati, ci vorrebbero più vie legali in tutto il mondo. Mi auguro che questo modello possa essere seguito da tanti altri Paesi”, conclude Ungaro.
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