Il Natale in Cina, i cristiani e la logica della piccolezza
Guglielmo Gallone - Città del Vaticano
Negli ultimi vent’anni il Natale è entrato stabilmente nel paesaggio urbano cinese. Ed è interessante notare come l’aumento della popolarità di questa festa proceda di pari passo con lo sviluppo economico e sociale del Paese.
L'aspetto economico e produttivo
Inizialmente, la Cina aveva conosciuto il Natale soprattutto in qualità di "fabbrica del mondo". Un esempio su tutti: tra l’80 e il 90 per cento di tutte le decorazioni natalizie globali — luci, palline, alberi artificiali — viene ancora oggi prodotto nelle zone industriali della Cina, fra cui spicca soprattutto la città di Yiwu nella provincia dello Zhejiang. Il Natale arriva così prima come ciclo produttivo che come festa. Poi, però, il benessere cinese ha iniziato a crescere. Tra il 2005 e il 2020 il reddito disponibile urbano si moltiplica di oltre quattro volte, la classe media supera i 400 milioni di persone e il consumo interno diventa uno degli obiettivi strategici. Così, nel corso della prima decade del ventunesimo secolo i cinesi non solo producono, ma iniziano soprattutto a consumare: aprono attività, frequentano centri commerciali, trasformano lo spazio urbano. E, proprio in questo passaggio, il Natale cambia natura. Da evento puramente manifatturiero diventa un'occasione commerciale, simbolica, specie per i più giovani.
Tra mercatini e villaggi di Natale
Oggi è dunque normale camminare per Shanghai e imbattersi nei mercatini di Natale allestiti nei grandi complessi commerciali di Xintiandi o lungo il Bund, tra chalet in legno, luci decorative e musica di sottofondo. Non solo: nella città più a nord della Cina, Mohe (provincia di Heilongjiang), è stato allestito un vero e proprio villaggio di Natale dove i visitatori possono immergersi in un’atmosfera natalizia: ci sono un ufficio postale di Babbo Natale, sculture di neve, casette decorate e figure di Santa Claus con cui scattare foto, allestiti in quello che viene spesso descritto come una versione cinese del celebre Santa Claus Village di Rovaniemi in Finlandia.
La lucentezza che attrae
Certo, tutto ciò avviene esclusivamente entro una lente economica. Eppure, molti giovani cinesi restano attratti dalla lucentezza che porta con sé il Natale e non pochi finiscono per curiosare dentro le chiese, cercando di capire cosa spinga i cristiani cinesi ad essere portatori di tanta gioia. Ce lo ha raccontato un giovane locale. «Sebbene il periodo di Natale in Cina non sia celebrato come nei Paesi europei, anche perché si deve lavorare, la messa di mezzanotte è sempre piena e, specie nei piccoli villaggi, riesce ad attirare l’attenzione dei più giovani. Di solito vengono celebrate tre messe: la veglia, la messa di mezzanotte e la messa di Natale». Di più, prosegue, «uno dei momenti più apprezzati è quello posto a metà tra la veglia e la messa della mezzanotte. La Chiesa valorizza questo intermezzo: i fedeli che hanno preparato uno spettacolo possono esibirsi, il coro canta, le persone recitano preghiere per la pace, i sacerdoti recitano le omelie…».
Una mela per la notte della pace
E quando gli chiediamo di raccontarci meglio questo attimo tanto speciale, il giovane menziona «spettacoli con canzoni sacre oppure dedicati alla storia della Chiesa, alla nascita di Gesù… tantissime persone vengono solo per sentire cantare i cori. Ormai, è diventata un’abitudine. Non c’è neppure bisogno del passaparola nei villaggi». Inoltre, prosegue, «sacerdoti e fedeli preparano piccoli doni per i giovani cinesi. Non cioccolatini o gadget, ma mele. In cinese mela si dice píngguǒ, un termine che richiama per assonanza la parola píng’ān, “pace”. Non è un caso: la Vigilia di Natale è chiamata Píng’ān yè, la “notte della pace”. Regalare una mela diventa così un augurio semplice e capace di parlare a tutti. La Chiesa locale non critica la società cinese, cerca piuttosto di adattarvisi. Un altro esempio: nei nostri presepi inseriamo spesso degli elementi tradizionali tipici della cultura locale. Le lampade, i piccoli templi, …».
L'attesa della luce
Insomma, nonostante le difficoltà, il Natale in Cina sembra essere molto vivace. «Per i fedeli cattolici del mio Paese — osserva Chiaretto Yan, focolarino cinese e autore del libro Il mio sogno cinese (Ancora 2025, 19,95 euro, pagine 256)— il Natale è una gioia intima. Io direi che i cinesi vivono il Natale come se fosse ancora il Sabato santo: cioè, nell’attesa. Natale è attesa della luce, così come il Sabato santo è attesa della resurrezione. Ecco, io penso che per il dialogo tra cristianesimo e cultura cinese valga la stessa cosa: è importante avviare un processo anziché cercare o raggiungere subito un risultato, come suggeriva la cultura dell’incontro di Papa Francesco».
La logica della piccolezza
Un auspicio che diventa concreto nell’immagine, riportata al nostro giornale anche da altre fonti, di tantissimi fedeli cinesi che, alla Vigilia di Natale, restano a pregare per tutta la notte. Un’immagine, difficile da vedere altrove, che testimonia proprio la pazienza, l’attesa. Princìpi che, nella tradizione cinese taoista, si esprimono con il wu wei: non agire contro il tempo delle cose, non forzare il corso degli eventi, ma accompagnarne il divenire. Un po’ come Giuseppe e Maria hanno accompagnato la nascita di Gesù. Nella grotta, nella minoranza, nel piccolo. Anzi, nella piccolezza. In quella “logica della piccolezza” che Papa Leone XIV ha evocato nel suo viaggio in Türkiye e Libano e che i fedeli cinesi cercano di incarnare ogni giorno. E allora, shèngdàn jié kuàilè (buona festa della Nascita sacra!)
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