Caritas Internationalis premia le "donne tessitrici di speranza"
Francesco Ricupero - Città del Vaticano
"Lo Spirito Santo ci dà sempre la grazia di cui abbiamo bisogno, specialmente in questo particolare momento. Noi abbiamo bisogno di leader di fiducia e le donne sono la componente essenziale": è quanto ha affermato Alistair Dutton, segretario generale di Caritas Internationalis, al termine della cerimonia di assegnazione dei premi nell’ambito dell’iniziativa “Donne tessitrici di speranza”, in occasione della Giornata dei diritti umani, celebrata mercoledì 10 dicembre. Lanciato nell’ambito del Giubileo dei Pellegrini di Speranza 2025, il premio sostiene le organizzazioni vincitrici con 3 sovvenzioni da 5.000 euro e 3 da 10.000 euro, selezionate tra oltre 120 candidature, per aiutarle a far crescere e sviluppare le loro iniziative. I 6 progetti premiati incarnano ciascuno un impegno concreto a favore dell’empowerment femminile, radicato nelle realtà locali. E sono Fondazione comboniane nel mondo (Palestina), di Caritas Bangladesh, di Caritas Malawi, di Radio Ucamara (Perù), di Caritas Marocco (Prefettura apostolica di Laâyoune) e di Caritas Antilles.
Fili di pace
Nei Paesi in via di sviluppo la donna rappresenta una risorsa fondamentale per la crescita sociale, economica e culturale delle comunità. Nonostante condizioni spesso sfavorevoli, il suo ruolo è centrale nella gestione della famiglia, nell’educazione dei figli e nelle attività produttive. In molte realtà rurali, infatti, sono le donne a garantire la sicurezza alimentare, a custodire le conoscenze tradizionali e a mantenere il tessuto sociale attraverso reti di solidarietà e sostegno reciproco. Un esempio lampante è rappresentato dal progetto “Threads of Peace”, “Fili di pace”, delle comboniane nello Stato di Palestina in Cisgiordania. "L’iniziativa — spiega ai media vaticani suor Orietta Pozzi, direttrice della Fondazione comboniana nel mondo — è rivolto a 200 donne beduine nella zona del West Bank. È un progetto che parte dall’esperienza che le donne hanno nella loro tradizione, quella del ricamo che è stata riconosciuta dall’Unesco. Un’esperienza che vuole valorizzare le loro competenze dando una speranza attraverso i prodotti realizzati. È un modo per aiutarle a incontrarsi, a stare insieme, a condividere quello che stanno vivendo in un contesto non semplice al giorno d’oggi. Filo dopo filo — aggiunge — permette di tessere una nuova speranza: vivere, ma allo stesso tempo cucire e lenire quello che stanno subendo". Quello delle suore comboniane è uno dei tanti progetti portati avanti a sostegno delle comunità locali, “abbiamo anche diverse iniziative di asili con i bambini beduini, asili che hanno tante volte dato non solo speranza alla gente, ma anche protetto la gente, in tempi di tensione in quei contesti, proprio perché l'asilo era visto come un ambiente che non poteva essere facilmente distrutto con una certa leggerezza. Con il nostro sostegno stiamo cercando di infondere speranza, specialmente alle donne, per poter contare su un futuro migliore”.
Dalla guarigione all'empowerment
La donna, dunque, è molto spesso il motore nascosto dei piccoli sistemi economici: gestisce microimprese, partecipa ai mercati locali, amministra risorse scarse con grande abilità. Quando viene messa nelle condizioni di studiare o accedere al credito, i benefici si ripercuotono sull’intera comunità. Numerosi studi hanno evidenziato che investire sulle donne significa migliorare salute, istruzione e benessere delle famiglie, riducendo la povertà intergenerazionale. Come è accaduto per le donne in Marocco, dove le suore con il progetto “Espace Femme - Dalla Guarigione all'Empowerment", hanno creato uno spazio sicuro che offre formazione professionale, supporto psicosociale e opportunità di indipendenza economica a donne migranti e locali, molte delle quali sopravvissute alla violenza. Espace Femme è uno spazio accogliente che promuove la convivialità e il benessere mentale. Due volte a settimana, le donne si riuniscono per seguire corsi di cucito, un'attività al tempo stesso pratica e profondamente simbolica. “Mentre cuciono tessuti – sottolinea suor Vanilda Pereira Silva, project manager di Caritas Marocco - intrecciano anche legami di compagnia, resilienza e speranza. Molte di queste donne sono madri single e sopravvissute alla violenza; mentre acquisiscono competenze preziose i loro figli vengono accuditi. Quello che potrebbe sembrare un semplice incontro si trasforma in una comunità terapeutica, una fonte di guarigione e un percorso verso mezzi di sussistenza sostenibili”. L'impatto a lungo termine di Espace Femme va ben oltre il cucito perché costruisce resilienza, solidarietà e indipendenza finanziaria, incoraggiando le donne a rivendicare la propria dignità e a dare forma alla propria vita. In questo modo si aprono percorsi di dignità, resilienza e leadership per le donne trasformando la vulnerabilità in emancipazione. E a proposito di emancipazione un altro progetto premiato è Pricce + Project di Caritas Bangladesh che include tutte le dimensioni dell'emancipazione: economica, ambientale e sociale. L’ente caritativo cattolico ha implementato il programma Pricce + Project, applicando metodologie di diversificazione dei mezzi di sussistenza collaudate come Silc: gruppi di risparmio, pratiche agricole intelligenti, produzione di pollame e vermicompostaggio, integrando anche sessioni decisionali familiari incentrate sulla parità di genere e promuovendo la partecipazione delle donne ai comitati comunitari per la preparazione ai disastri naturali. “Questo progetto – afferma il direttore esecutivo di Caritas Bangladesh, Daud Jibon Das - integrerà ulteriori misure di resilienza ai disastri, mezzi di sussistenza e sensibilizzazione sulla violenza di genere nelle attività di preparazione e risposta ai disastri comunitari, con un impatto su oltre 2.000 donne”.
Dal Perù alle Antille
Donne al centro della vita comunitaria anche tra le realtà delle popolazioni indigene del Perù, dove grazie a Radio Ucamara, guidato dalla comunità Kukumana, viene promosso il dialogo intergenerazionale tra donne, rafforzando l'identità indigena, la resilienza culturale e l'azione collettiva attraverso la comunicazione e l'arte”. Promuovere l’uguaglianza di genere, garantire accesso all’istruzione e sostenere l’inclusione economica non significa solo migliorare la vita delle donne, ma innescare processi virtuosi che rafforzano l’intera comunità. Come accade nelle Antille, dove la Caritas supporta le donne in carcere nello sviluppo delle competenze e nel reinserimento nella comunità, affermando la dignità e promuovendo una rinnovata partecipazione alla società.
Sensibilizzare le comunità
Purtroppo, ancora oggi, le donne subiscono discriminazioni perché mancano tutele legali efficaci, istruzione e autonomia economica; ciò le rende più vulnerabili a matrimoni precoci, violenza domestica e sfruttamento lavorativo. A ciò si aggiunge il peso di norme tradizionali che limitano la loro libertà, impedendo di fatto la piena partecipazione alla vita pubblica. Ad ovviare tutto ciò è scesa in campo Caritas Malawi che con un'iniziativa integrata “Her Voice, Her Power: Transforming communities through women social and economic empowerment”, promuove la leadership femminile, l'emancipazione economica e la tutela ambientale, supportando 1.000 donne in cinque cooperative e affrontando il problema della violenza contro donne e ragazze attraverso la sensibilizzazione della comunità. “Queste iniziative – ha ricordato Alistair Dutton - dimostrano come le donne, spesso in contesti difficili, stiano trasformando le proprie comunità con resilienza e determinazione. Investendo nella leadership femminile, riconosciamo talento e potenziale, e rafforziamo le basi di società più giuste e pacifiche, in cui ogni persona è valorizzata e può contribuire in modo equo.” “Questo premio mostra l’inestimabile lavoro svolto dalle donne a livello locale. A livello globale dobbiamo continuare ad amplificare la loro voce e rinnovare l’impegno per il loro empowerment, partecipazione e inclusione. Investire nella leadership femminile – ha concluso Moira Monicelli, direttrice del Confederation Development presso Caritas Internationalis - non è solo giusto: è una delle scelte più efficaci per il futuro delle nostre comunità.”
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