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In un villaggio dell’Estremo Nord, gli abitanti accedono all’acqua grazie al progetto di padre Fenaroli. Foto di: Padre Danilo Fenaroli In un villaggio dell’Estremo Nord, gli abitanti accedono all’acqua grazie al progetto di padre Fenaroli. Foto di: Padre Danilo Fenaroli

Camerun, padre Fenaroli porta l’acqua nei villaggi poveri dell’Estremo Nord

Nella regione del Paese africano, nella quale meno dell’1% della popolazione ha accesso a questo bene primario, il missionario del Pime cerca di contrastare la crisi idrica attraverso un progetto che prevede la realizzazione di pozzi, reti idriche, acquedotti e pompe manuali

Pietro Piga – Città del Vaticano

L’acqua che sgorga dal sottosuolo è qualcosa di incredibile e raro. Per vederla, gli abitanti dei villaggi dell’Estremo Nord del Camerun si riversano sulle strade polverose e i bambini escono dalle scuole. Per due-tre ore si riuniscono attorno a uno scavo per assistere alle perforazioni della terra e sperare che esca l’acqua. “Perché qui è vita, e averla cambia la vita”, afferma ai media vaticani padre Danilo Fenaroli. Da oltre trent’anni è missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) a Mouda, proprio in uno di quei villaggi in cui l’acqua pulita e potabile fino al suo arrivo era una chimera.

Ascolta l’intervista a padre Danilo Fenaroli

La crisi idrica

In questo luogo, tra il 1997 e il 1998, su un terreno concesso gratuitamente da un capovillaggio, il religioso ha messo in piedi la Fondazione Betlemme e il Centro omonimo, che tra i tanti obiettivi ha arginare la crisi idrica nell’Estremo Nord del Camerun attraverso il progetto Acqua potabile e migliori condizioni sanitarie nel Nord Camerun, il cui nome fuga ogni dubbio sulle ambizioni ed è il manifesto di una delle urgenze della regione più popolosa e povera del continente, circa tre milioni di persone, di cui il 74,3% vive al di sotto della soglia di indigenza. Meno dell’1% della popolazione di questa regione, isolata dalle altre zone dello Stato dell’Africa equatoriale, ha accesso a questo bene primario. Per gli abitanti, l’alternanza delle stagioni è devastante. Gli otto mesi di siccità e i quattro di inondazioni non solo pregiudicano l’approvvigionamento idrico, ma costringono i residenti dei villaggi a una quotidianità precaria: gli sfollati si moltiplicano, si aggravano insicurezza alimentare, che affligge circa duecentomila cittadini, e problemi di salute, e il rischio della violenza di genere aumenta, come certificato in luglio dalle Nazioni Unite. E sull’accesso all’acqua si consuma la competizione tra i pastori arabi Choa e i pescatori Musgum, che ha comportato lo sfollamento di 15.000 abitanti, come documentato dall’International Crisis Group. “Se non c’è l’acqua, non c’è niente. La mancanza è una questione cruciale, che ha contribuito anche all’esodo dei giovani. Per averla molte famiglie devono percorrere chilometri e fare lunghe code. E questa situazione è causata dalla collocazione geografica della regione, tagliata fuori dalle altre parti del Camerun, dalle politiche territoriali di sviluppo che non si riescono a garantire e dal mancato sostegno alla popolazione. Ma, soprattutto, dal clima”, è il quadro tratteggiato dal missionario.

L’approvvigionamento dell’acqua nell’Estremo Nord del Camerun. Foto di: Padre Danilo Fenaroli
L’approvvigionamento dell’acqua nell’Estremo Nord del Camerun. Foto di: Padre Danilo Fenaroli

L’iniziativa

In questo contesto interviene il Centro Betlemme, “un’opera sociale e di sviluppo nata nel mio cuore”, sottolinea padre Fenaroli. Realizza pozzi, reti idriche, acquedotti e pompe manuali, e forma la popolazione sulla loro gestione e manutenzione mediante l’unità idraulica del Centro, che aiuta 3.500 bambini e 2.400 adulti. “Al momento, abbiamo effettuato 400 perforazioni meccaniche. Quando giungiamo in un villaggio per fare lavori tutto si ferma. Ogni volta che si trova l’acqua è un successo. Le famiglie ci chiedono di aiutarle e noi, per esempio, ripariamo una tubatura”, aggiunge il religioso. Il progetto della Fondazione e del Centro Betlemme, che si sviluppa col supporto della Fondazione Pime, del Pime e dell’Associazione internazionale Silenziosi Operai della Croce, punta ad andare oltre l’acqua da bere. Vuole anche preservare la vocazione agropastorale degli abitanti dell’Estremo Nord del Camerun che, però, rischiano di perdere raccolto e bestiame per mano di Boko Haram, il gruppo armato islamista nigeriano presente dal 2014 nella regione. “Anche con l’aiuto della Conferenza episcopale Italiana - racconta padre Fenaroli - abbiamo costruito alcuni piccoli acquedotti tramite i quali forniamo l’acqua anche per animali e orticelli, dei quali si occupano gruppi di ventina di ragazzi. Ne formiamo 150 all’anno, incluse le donne, e tanti di loro, che vorrebbero andare altrove per trovare un’occupazione perché il villaggio in cui vivono non li dà nulla, coltivano il loro pezzettino di terra attraverso questo genere di progetti, che svolgono anche nelle nostre fattoria e falegnameria, e nel nostro centro artigianale”.

Le infrastrutture idriche del progetto. Foto di: Padre Danilo Fenaroli
Le infrastrutture idriche del progetto. Foto di: Padre Danilo Fenaroli

Un impegno totale

Il supporto alla popolazione si estende ad altri ambiti, come la costruzione di scuole pubbliche e la sensibilizzazione delle norme igienico-sanitarie, e ha come primi destinatari neonati e bambini orfani, abbandonati e/o con disabilità fisiche, che colpiscono il 5% della popolazione rurale della regione, e/o paralisi cerebrale. Sono emarginati e stigmatizzati nei loro villaggi, ma vengono accolti e assistiti nelle strutture del Centro, come la crèche (asilo nido) e la saré (casa), accessibile anche ad adulti con disabilità e ragazze madri. Arrivano anche da aree limitrofe a Mouda e hanno la possibilità di usufruire, inoltre, delle cure nell’infermeria e nel centro di riabilitazione fisioterapica, di cominciare il percorso formativo nella scuola materna bilingue Arc-en-ciel (Arcobaleno) e nel centro di educazione specializzata. 

Padre Fenaroli con dei bambini aiutati nel Centro Betlemme. Foto di: Padre Danilo Fenaroli
Padre Fenaroli con dei bambini aiutati nel Centro Betlemme. Foto di: Padre Danilo Fenaroli

La sensibilità

L’impegno, apprezzato dal governo col riconoscimento di “opera di utilità pubblica” della Fondazione e del Centro Betlemme, padre Fenaroli l’ha intrapreso quando, giunto nell’Estremo Nord del Camerun, ha visto “queste persone abbandonate e incatenate” e ha deciso “di riunire, abbracciare, accogliere e dare dignità”, sprigionando quella sensibilità per il sostegno ai più vulnerabili di cui ha preso coscienza da bambino, nei giorni in cui scavalcava il muretto della Fondazione Angelo Custode Onlus di Bergamo per giocare con i coetanei più fragili.

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08 ottobre 2025, 11:44