Uno spettacolo per ricordare il venerabile don Uva, amico degli ultimi
Eugenio Murrali - Città del Vaticano
Una tonaca, delle scarpe e il cappello presbiterale detto saturno evocano sulla scena don Pasquale Uva. Sul palco, una suora si prende cura di questo simulacro, che fa sentire ancor più presente il sacerdote di Bisceglie, morto settant’anni fa. A raccontarlo sono gli attori Nadia Brustolon e Vincenzo Preziosa nella lettura scenica Il prete innamorato ovvero la passione secondo don Uva, allestita nella sala congressi dell’opera fondata da questo parroco caritatevole per ridare dignità umana agli emarginati. Il regista e drammaturgo dello spettacolo, Riccardo Caporossi, lo descrive così: “Ho intitolato la pièce Il prete innamorato, perché don Uva era innamorato della vita degli altri. Ha agito con passione e creato la sua opera con l’aiuto di un gruppo di suore, la congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza”.
Un esempio venerabile
Don Pasquale Uva nasce a Bisceglie, in Puglia, nel 1883. Giovane seminarista, rimane colpito dalla lettura della vita di Giuseppe Benedetto Cottolengo, il Santo piemontese che spese la sua esistenza ad aiutare le persone con disabilità psichiche, divenendo un modello insigne di carità sociale, come scrisse Benedetto XVI nell’enciclica Deus Caritas est. Dopo il seminario e gli studi, nel 1922 anche don Uva riesce ad avviare, nelle stanzette vicino alla sacrestia della chiesa di Sant’Agostino, di cui è parroco a Bisceglie, un primo nucleo della sua opera: la Casa della Divina Provvidenza. Qui accoglie i primi emarginati, soprattutto persone che, a causa dei loro disturbi mentali, vengono derisi ed esclusi dalla società dell’epoca. Riesce nell’impresa grazie all’ausilio di otto donne che, seguendo il suo insegnamento, danno vita alla "Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza", ancora impegnata in quella realtà assistenziale che oggi ha preso il nome di "Universo salute opera don Uva".
Il ricordo nell’anniversario
A oltre un secolo da quel memorabile inizio, da cui prese il via il complesso ospedaliero, seguito da quelli a Foggia, a Potenza e in America Latina, e a settant’anni dalla morte di don Uva, sono ancora vivi lo spirito, l’impegno e la missione del venerabile e delle Ancelle della Divina Provvidenza. Nel giorno dell’anniversario, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei Santi, presiede una messa nella chiesa di San Giuseppe a Bisceglie. Concelebrano insieme a lui monsignor Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria e commissario apostolico della Congregazione Ancelle Divina Provvidenza e monsignor Leonardo D’Ascenzo, arcivescovo di Trani Barletta Bisceglie.
In scena, il prete degli ultimi
Il magistero della carità e l’apostolato di don Uva, sempre attento alle tematiche sociali, emergono dalla scrittura scenica di Riccardo Caporossi: “Lui è uscito dalla Puglia per cercare sostegno e fondare a Bisceglie la sua imponente opera: una città nella città”. Sulla scena l’azione del sacerdote è richiamata da una suora, interpretata da Nadia Brustolon, che rappresenta le Ancelle della Divina Provvidenza, e da una serie di personaggi, affidati a Vincenzo Preziosa, che sono i soggetti presi in cura nella struttura di accoglienza: “Non ho dato importanza a dare loro un nome quanto ad imprimere alle loro apparenze le sfaccettature sensibili di una umanità sofferente”, precisa il regista nelle note dello spettacolo, nato anche grazie al sostegno del Circolo dei lettori del Presidio del libro di Bisceglie di Rosa Leuci. Da queste voci, dalla costruzione sapiente di segni e immagini evocative affiora il ritratto di un prete che ha dedicato agli esseri scartati dal mondo la propria vita, una vita per gli altri.
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