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padre Tómas con i fedeli della Diocesi di Vanimo padre Tómas con i fedeli della Diocesi di Vanimo 

Papua Nuova Guinea, un missionario: la visita del Papa, un'impronta indelebile

La testimonianza di padre Tómas missionario argentino dell’Istituto del Verbo Incarnato nella diocesi di Vanimo dove i fedeli invocano e pregano Peter To Rot, che presto sarà proclamato santo

Francesco Ricupero - Città del Vaticano

«Il pontificato di Papa Francesco sta lasciando indubbiamente un’impronta molto profonda nel cuore di tutti in Papua Nuova Guinea. Un’impronta che sarà impossibile dimenticare e che passerà alla storia come una delle pagine più belle della Chiesa in questa giovane nazione, che a settembre compirà appena 50 anni»: è quanto afferma ai media vaticani padre Tomás Ravaioli, sacerdote quarantatreenne dell’Istituto del Verbo Incarnato. Argentino di Buenos Aires, in missione in Papua Nuova Guinea da quasi sedici anni, Tomás ha seguito in prima persona il processo di canonizzazione del catechista papuano Peter To Rot, ucciso nel 1945 per aver proseguito il suo apostolato nonostante il divieto imposto dai giapponesi. «To Rot è morto per difendere i valori della famiglia tradizionale. Lui aveva tre figli e una moglie, era contrario alla poligamia e la condannava fermamente. In Papua Nuova Guinea lo invocano, lo pregano e sono molto felici ed entusiasti che presto diventerà santo».

Tante lingue, tante tribù

Qui c’è veramente molto poco: scuole, istituti, dispensari, piccoli ospedali e centri di assistenza sono operativi grazie al nostro lavoro supportato dai laici. La Papua Nuova Guinea è un Paese affascinante, ricco di storia, cultura e tradizioni uniche. È il Paese con il maggior numero di lingue al mondo. Si parlano più di 800 lingue diverse, il che rappresenta circa il 12 per cento degli idiomi del pianeta. La cultura è molto diversificata, con centinaia di gruppi etnici e tribali. Ogni tribù ha le proprie usanze, abiti, rituali e arte. Anche la sua geografia è impressionante, piena di montagne, vulcani attivi e spiagge meravigliose. Prima dell’arrivo del cristianesimo, le tribù e le comunità della Papua Nuova Guinea praticavano religioni tradizionali, incentrate su credenze animiste e spirituali. Alcune credenze indigene persistono ancora in certe aree, specialmente nelle zone rurali e remote. Oggi, tuttavia, la maggior parte degli abitanti sono cristiani. Il cristianesimo fu introdotto dai missionari britannici, tedeschi e australiani, durante il xix secolo. I principali rami del cristianesimo in Papua Nuova Guinea sono il cattolicesimo e varie denominazioni protestanti, comprese le chiese evangeliche e le chiese anglicane.

Il Papa con i fedeli della dfiocesi
Il Papa con i fedeli della dfiocesi

 

Chiese sempre affollate 

La missione qua da noi è veramente affascinante. Da una parte perché si tratta di un Paese nel quale il Vangelo è arrivato poco tempo fa e quindi ci sono ancora tantissime cose da fare. Ci sono posti incontaminati, villaggi o tribù sperdute in mezzo alla foresta e che ancora non hanno sentito parlare di Gesù o che hanno sentito parlarne soltanto pochi anni fa. Noi sacerdoti veramente non ci possiamo annoiare perché abbiamo tanto lavoro da fare. Ma è anche affascinante non solo perché è un’avventura ma anche per la risposta che riceviamo dalla gente. Spesso ci capita che vengono sacerdoti o missionari di altri posti a trovarci qua in Papua, e quando vedono le nostre chiese così affollate, scherzando si lamentano e ci dicono “magari avessimo noi le chiese così affollate come le avete voi”.

Una missione che ruba il cuore

Si tratta di una fede molto, molto viva. Le chiese sono piene di bambini, di giovani che vengono, ma non solo alla mensa, ma vengono anche all’adorazione eucaristica, vengono a confessarsi tutte le settimane. Quindi è una fede molto molto viva e per noi sacerdoti, che siamo pochi, abbiamo quindi tanto lavoro da fare. Veramente non ho mai conosciuto nessun sacerdote missionario che si sia mai lamentato o che abbia voluto tornare al suo Paese, anzi, tutto il contrario. Quando capita che un sacerdote o per motivi di salute, o magari perché è diventato anziano, deve tornare nella sua patria, lo fa piangendo, perché si tratta di una missione che veramente ti ruba il cuore.

Ascolta l'intervista con padre Tomás Ravaioli


L'impronta lasciata da Papa Francesco

Sono molte le cose che potremmo dire sui gesti e le delicatezze del Papa verso questa nazione, ma vorrei elencarne solo tre. In primo luogo, noi missionari dell’Istituto del Verbo Incarnato che lavoriamo nella diocesi di Vanimo da quasi 30 anni ci siamo sentiti particolarmente curati e protetti dal suo amore paterno. Tutto è iniziato nel 2019, quando un gruppo della nostra parrocchia si è recato a Roma per un pellegrinaggio alla tomba degli apostoli. In quell’occasione, il Santo Padre li ha ricevuti in un’udienza privata e ha promesso che un giorno avrebbe ricambiato la visita, venendo lui stesso nel remoto villaggio di Vanimo per visitarli. Da quel momento, il Papa ha mantenuto una comunicazione costante con i missionari di quella zona, preoccupandosi non solo delle necessità spirituali dei fedeli, ma anche delle necessità materiali della missione.

Una scuola voluta dal Papa 

La nostra missione aveva due scuole elementari per i bambini dei nostri 5 villaggi, ma non avevamo una scuola secondaria per continuare gli studi. Questo ci spezzava il cuore, perché era triste vedere come la maggior parte di quei bambini rimanesse senza futuro una volta terminata la scuola elementare, a 14 o 15 anni. Ma per noi era umanamente impossibile costruire una scuola che potesse ospitare così tante migliaia di bambini, e quindi si trattava solo di un sogno. Tuttavia, il sogno si è avverato quando Papa Francesco è venuto a conoscenza della situazione e ha voluto occuparsi personalmente della costruzione di quella scuola, trovando benefattori per noi. Quella scuola oggi è funzionante e i bambini che per anni sono rimasti senza futuro, ora hanno una nuova luce di speranza grazie alla generosità del Papa.

Papa Francesco con i padri missionari
Papa Francesco con i padri missionari

Il primo santo della Papua Nuova Guinea

In secondo luogo, è necessario ricordare il viaggio apostolico che Francesco ha compiuto nel nostro Paese. Non solo perché è sempre una tappa importante nella vita di un Paese la visita del successore di Pietro, ma anche perché lui stesso ha chiesto di visitare il remoto villaggio di Vanimo. E in mezzo alle sue migliaia di attività e responsabilità, ha dedicato un intero pomeriggio per visitarlo. Appena sceso dall’aereo, ha detto al sacerdote missionario che nel 2019 era andato con i pellegrini: “Vedi? Ho mantenuto la mia promessa. Sono qui, a visitarvi io”. È anche necessario sottolineare che in questa occasione si è recato alla missione dei padri dell’Istituto del Verbo Incarnato e ha condiviso un incontro personale con loro e con la gente della loro parrocchia. Infine, il terzo gesto di Papa Francesco nei nostri confronti è avvenuto pochi giorni fa. Il 31 marzo, il mondo intero si è rallegrato per la notizia che avrebbe canonizzato il primo santo della Papua Nuova Guinea. Non conosciamo ancora la data della canonizzazione di Peter To Rot, ma ciò che sappiamo è che sarà, ancora una volta, una pietra miliare nella storia di questo Paese e un’ulteriore dimostrazione dell’amore e della predilezione del Santo Padre verso di noi. 
 

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