A Santa Maria in Via il presepe dei detenuti di Rebibbia
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Quattro detenuti e un maestro nell’arte presepiale che ha già al suo attivo il presepe della chiesa di San Marcello al Corso, sempre nel centro di Roma: è nato così il nuovo laboratorio di arte presepiale attivato nella Terza Casa circondariale del carcere romano di Rebibbia, da un’idea del maestro Giandomenico Renzi e del cappellano della struttura, fra Moreno Versolato, dei frati Servi di Maria la cui comunità risiede proprio presso la chiesa di Santa Maria in Via, che i romani chiamano affettuosamente Madonna del Pozzo. Ma l’idea nasce soprattutto dalla lettura della Bolla d’indizione del Giubileo 2025, Spes non confundit, in cui Papa Francesco ha invitato tutti i cristiani a pensare gesti di speranza per quanti vivono l’esperienza della privazione della libertà.
Un presepe “di dolore”
“Per me è un hobby quello di realizzare presepi, ma ho bisogno di collaboratori, quindi chi meglio dei detenuti?”, scherza il maestro Giandomenico Renzi che ha guidato i quattro reclusi che hanno costruito il presepe allestito a Santa Maria in Via, visibile fino al 2 febbraio prossimo. “Sono entrato in carcere senza pregiudizi, considerando i reclusi come qualsiasi altro allievo che ho avuto – racconta ai media vaticani – e si sono dimostrati migliori di molti altri, ricettivi, entusiasti, tanto che hanno ristrutturato anche un presepe che già avevano in istituto. Poi mi ha colpito un ragazzo che mi ha detto: ‘questo è il nostro presepe di dolore’… ora spero che possano continuare perché la volontà di farlo l’hanno dimostrata”. Il prossimo passo, infatti, è rendere questo laboratorio permanente, con piccole opere da realizzare nel corso di tutto l’anno, magari destinate alla vendita. “E poi, ogni Natale, naturalmente forniremo un presepe tutto nuovo a Santa Maria in Via”.
L’ispirazione da un acquarello del pittore Roesler Franz
Il presepe esposto quest’anno è stato ispirato da un acquarello del pittore Ettore Roesler Franz risalente al 1881, che si può ammirare nel Museo di Roma Trastevere, fa parte della collezione Roma Sparita e ritrae piazza delle Azimelle: “Franz si concentrava sui punti di Roma che stavano sparendo nel corso delle demolizioni del 1800 – spiega Renzi – in particolare quella da cui abbiamo tratto ispirazione è un’immagine del ghetto che poi, con l’Unità d’Italia, venne aperto e demolito. Non credo che il pittore però immaginasse che i suoi quadri avrebbero ispirato un presepe così tanti anni dopo!”.
Le differenze tra il presepe napoletano e il presepe romano
Il presepe realizzato dai detenuti appartiene allo stile romano, molto diverso dalla scuola napoletana: “Il presepe napoletano è uno spaccato di vita popolare e nasce nel 1700 nella nobiltà come passatempo – afferma il maestro d’arte – d’altronde solo i nobili avevano la possibilità di pagare gli artisti che in genere realizzavano l’incarnato delle statue mentre le nobildonne si occupavano di cucire i vestiti”. L’entusiasmo di Giandomenico Renzi per il presepe ha contagiato i detenuti che sono stati suoi allievi per un po’: “Dopo questa esperienza ho riflettuto molto sul loro impegno e sulla verità che l’arte libera – conclude – mi auguro che le tecniche apprese li portino lontano: d’altra parte anche Caravaggio per 15 anni ha lavorato con una condanna a morte pendente che lo seguiva ovunque andasse!”.
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